In un mio recente libro avevo scritto che “La paura di risparmiare senza beneficio, la paura dell’iniziativa imprenditoriale [hanno] l’effetto di frenare, e anche di bloccare, la crescita: nessuno lavorerà con lena ed entusiasmo . . . per assicurarsi un’esistenza priva di stenti, quando sa che il traguardo è inattingibile. A cosa serve logorarsi, risparmiare, creare sicurezza finanziaria, quando lo Stato è in agguato per portare via tutto? Cercare sicurezza in beni rifugio è illusione. Lo Stato può nullificarne il valore vietandone il possesso, inasprendo la pressione fiscale, confiscandoli”.
La visione classica, secondo la quale risparmio e rinuncia a consumo sarebbero la base per superare una crisi, viene contraddetta dalla teoria secondo la quale la popolazione che risparmia causa riduzione della domanda, e di conseguenza della produzione, dell’occupazione e del reddito.
“L’estate è ancora lunga – continuò la cicala – e l’inverno ancora lontano. Non preoccuparti adesso, ci sarà tempo più avanti per mettere via le provviste”.
Gli italiani sono risparmiatori. Scrive Federico Fubini: “Pochi altri tratti definiscono gli italiani come la loro ricchezza familiare. Questo è un Paese di padri, madri, zii e nonni dediti al risparmio, in misura diseguale e non solo fra i suoi diversi ceti. Con il tempo le disparità patrimoniali sono emerse anche fra le diverse parti dell’economia nazionale: uno Stato profondamente indebitato, aziende spesso dotate di scarsi capitali propri, ma famiglie più ricche (e meno gravate dai mutui) di quelle che guadagnano in modo comparabile in Germania, in Francia, in Gran Bretagna o negli Stati Uniti. Una società di formiche che accettano di vivere in uno Stato ridotto alle condizioni di cicala: se questa è l’immagine che l’Italia ha di sé, forse è ora che cambi. Ma non perché i problemi del debito pubblico stiano diventando meno gravi. È l’altra parte dell’equazione a vivere una metamorfosi in profondità. L’ultima Indagine sui bilanci delle famiglie pubblicata il mese scorso dalla Banca d’Italia ha seminato un indizio: i circa 20 mila residenti inclusi in quel sondaggio hanno testimoniato – nel complesso – di una perdita di valore dei propri averi”.
Ventotto anni fa, nella notte tra il 9 e il 10 luglio 1992, con decreto, è stato “legittimato” un colpo da ussari, da parte del governo Amato: prelievo forzoso del 6‰ dai conti correnti delle banche italiane. L’imposizione della patrimoniale sconvolse l’opinione pubblica, creò la sensazione dell’invasione dello Stato nelle tasche dei cittadini, su valori frutto di risparmi, già gravati da salate imposte.
Il passato nulla ha insegnato all’Italia. Si ritorna a parlare di una patrimoniale, ma questa volta non “per mille” bensì di “per cento”. Ne parla a voce alta la UE attraverso la sua potente ambasciatrice, la Germania, che fa propria la teoria enunciata dallo studioso di economia Daniel Stelter, noto, apprezzato e ascoltato (in Germania), il quale scrive: “A questo punto si pone la domanda di equità e giustizia. Perché [aiutare l’Italia quando] le economie private italiane sono più ricche e meno indebitate [di quelle tedesche]. . . l’Italia è in grado di risolvere da se stessa i suoi problemi di indebitamento. Una imposta patrimoniale una tantum di 20% sarebbe sufficiente per ridurre l’indebitamento dello Stato italiano del 100% del PIL, portandolo a livello inferiore a quello della Germania. Anche dopo una simile decurtazione, i bilanci privati italiani disporrebbero sempre ancora di un patrimonio più ricco di quello dei tedeschi”.
Tino Oldani5 ricorda che, secondo il Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung (DIW), “il patrimonio medio (liquidi, risparmi, immobili) delle famiglie è in Germania pari a 60 mila euro, mentre in altri paesi UE è di 100 mila euro, con Italia e Spagna che hanno più del doppio. Il tutto a causa di una diversa distribuzione del risparmio privato, che in Germania è maggiore per quantità totale che in Italia, ma distribuito male, tanto che il 10% delle famiglie ne possiede il 60%, mentre il 40% ne ha poco o nulla. Non solo: da noi l’80% delle famiglie abita in case di proprietà, contro il 44% tedesco. Dati che inducono politici e media tedeschi di centro, destra e sinistra a porre una domanda quasi ovvia, dal loro punto di vista: perché mai le nostre famiglie, che sono più povere, dovrebbero aiutare i ricchi italiani con i Recovery bond, ossia con debito comune?”
Stelter corrobora la sua idea con tabelle di dati.
Tab. 1: Indebitamento per settori
Paese | %PIL (Stato) | Imprese | Bilanci familiari | Totale privato | Totale | ||
Germania | 61,0 | 59 | 54 | 114 | 175 | ||
Austria | 71,1 | 90 | 49 | 139 | 210 | ||
Italia | 137,3 | 69 | 41 | 111 | 248 | ||
Spagna | 97,9 | 95 | 57 | 152 | 250 | ||
Portogallo | 120,5 | 100 | 65 | 164 | 285 | ||
Olanda | 49,3 | 163 | 101 | 264 | 313 | ||
Belgio | 102,2 | 150 | 61 | 212 | 314 | ||
Francia | 100,4 | 155 | 61 | 216 | 317 |
Sarebbe quindi la Francia il leader dell’indebitamento in Europa, e ciò spiegherebbe perché la Francia insiste che si considerino i debiti comuni a livello EU/eurozona. L’Olanda avrebbe valore più basso di debito statale ma debito privato più elevato.
La Germania avrebbe l’indebitamento più basso per imprese. Ma in nessuno Stato, il debito privato sarebbe basso come in Italia, e in nessuno Stato i bilanci privati sarebbero poco indebitati come in Italia.
Riferendosi a dati sullo sviluppo del patrimonio privato degli italiani derivati da studi della Banca d’Italia,6 Stelter conclude che il patrimonio degli italiani sarebbe stato, nel 2017, di 10.000 miliardi di euro. La seguente tabella approssimativa lo dimostrerebbe.
Tab.2 : Patrimonio (miliardi di Euro)
Immobili di abitazione | 5.247 |
Contante/depositi bancari | 1.361 |
Titoli azionari | 1.038 |
Assicurazioni/Pensioni | 995 |
Immobili commerciali | 679 |
Fondi di investimento | 524 |
Titoli obbligazionari | 314 |
10.158 |
Ragionamento suggestivo, è quello che i tedeschi vogliono sentire.
Alla sua base sta il fatto che gli italiani asseritamente dispongono di un patrimonio privato di circa 10.000 miliardi di euro. Una patrimoniale del 20% su questo patrimonio equivarrebbe a 2.000 miliardi di euro. Dato che il debito dello Stato italiano è di circa 2.500 miliardi di euro (il PIL era, prima dell’epidemia, di 1.800 miliardi di euro), dopo la patrimoniale, il debito dello Stato italiano sarebbe di 500 miliardi di euro, equivalente a meno del 30% del PIL.
Stelter concede che potrebbe bastare che l’Italia adottasse una misura meno aggressiva, imponendo una patrimoniale del 14%, per ridurre il debito pubblico al 60% del PIL. Una proposta provocatoria, poche famiglie possono cedere al fisco il 14% del proprio immobile, a meno di svenderlo (se riesce) per avere la liquidità necessaria per pagare la patrimoniale sulla casa.