Nella prima guerra mondiale i ceti meno abbienti si trovarono a dover accettare il peso del conflitto e adattarsi alla triste situazione: gli uomini in guerra, le donne coi figli minori ad occupare i posti di lavoro lasciati forzatamente liberi dai propri fratelli e mariti. Nel mondo femminile ci sono state situazioni molto diverse dovute al ceto: le donne dell’aristocrazia e buona borghesia trovavano occasioni di emancipazione attraverso le attività di famiglia, di volontariato ed assistenza ai feriti, ritagliandosi ruoli da protagoniste. Non così nel mondo contadino e operaio, dove le donne, venendo a mancare gli uomini, sono state costrette a sobbarcarsi lavori agricoli ancora più pesanti e nelle fabbriche ad occupare posti non solo faticosi e superiori alla propria forza fisica ma anche molto pericolosi (l’occupazione femminile passa rapidamente dal 4% al 22%). Un esempio tipico di questa situazione sono state le fabbriche belliche, come la svizzero-francese Sutter & Thevenot nello stabilimento di munizioni vicino a Milano, a Bollate, frazione Castellazzo, di circa 500 addetti. Il 7 giugno 1918, alle ore 13,50, nel reparto spedizioni un’esplosione improvvisa provocò la morte di 59 persone, di cui 52 donne di età compresa tra 15 e i 30 anni, più un gran numero di feriti gravi (dagli archivi parrocchiali risultano 300 feriti, quasi tutte donne ricoverate presso l’Ospedale Maggiore di Milano). Una tragedia quella di Castellazzo, per il numero delle vittime tra morti e feriti. Nella Polveriera ci lavoravano soprattutto le donne, perché il lavoro di paraffinatura richiedeva delle mani più piccole ed agili delle ragazze giovani. A tanto impegno, rischio e fatica corrispondeva una paga dimezzata rispetto a quella degli uomini. In un’Italia che intravedeva la luce di una vittoria finale, non era il caso di spegnere gli entusiasmi, con la conoscenza della tragedia che aveva colpito tante giovani donne. La tragedia andava accantonata, confinata nell’oblio, facendo sparire le tracce e la memoria. Oggi è giusto ricordare questa vicenda, dopo 103 anni riemerge, rivendica la dignità di un ricordo per tutte quelle giovani Donne uccise o gravemente ferite. Oltre ai diari dei parroci delle zone limitrofe, che raccontano l’avvicendarsi dei soccorsi dallo scoppio, si aggiunse il racconto di un soccorritore volontario della Croce Rossa Americana, il futuro grande scrittore Ernest Hemingway che, da autista e testimone oculare, anni dopo ne scrisse, permettendo che la tragedia non fosse dimenticata:
”…Quanto al sesso dei defunti, è un dato di fatto che ci si abitua talmente all’idea che tutti i morti siano uomini che la vista di una donna morta risulta davvero sconvolgente. La prima volta che sperimentai quest’inversione fu dopo lo scoppio di una fabbrica di munizioni che sorgeva nelle campagne intorno a Milano, in Italia. Arrivammo su luogo del disastro in autocarro, lungo strade ombreggiate da pioppi e fiancheggiate da fossi formicolanti di animaletti che non potei osservare chiaramente a causa delle grandi nuvole di polvere sollevate dai camion. Arrivando nel luogo dove sorgeva lo stabilimento, alcuni di noi furono messi a piantonare quei grossi depositi di munizioni che, chissà perchè, non erano saltati in aria, mentre altri venivano mandati a spegnere un incendio divampato in mezzo all’erba di un campo adiacente; una volta conclusa tale operazione ci ordinarono di perlustrare gli immediati dintorni e i campi circostanti per vedere se ci fossero dei corpi. Ne trovammo parecchi e li portammo in una camera mortuaria improvvisata e, devo ammetterlo francamente, la sorpresa fu di scoprire che questi morti non erano uomini ma donne…ricordo che, dopo aver frugato molto attentamente per trovare i corpi rimasti interi, ci mettemmo a raccogliere i brandelli. Molti di questi furono staccati da un fitto recinto di filo spinato che circondava l’area dove prima sorgeva la fabbrica e dalle parti di edificio ancora esistenti, da cui raccogliemmo molti di questi pezzi staccati che illustravano fin troppo bene la tremenda energia dell’alto esplosivo. Trovammo molti di questi brandelli nei campi, a una distanza considerevole, dove erano stati portati dal loro stesso peso…”.
(dal volume Quarantanove racconti: ”Storia naturale dei morti” )
Quasi mai si racconta dei civili (Paolo Mieli ha dedicato una specifica trasmissione di “Passato Presente” su Rai3 il 24/5/2018) coinvolti nei conflitti bellici. I testi di storia dovrebbero rendere merito anche a loro, alle donne vittime civili, alle loro vite usate, spezzate e poi gettate. Come è successo poi nella seconda guerra mondiale, nel 1943 in Istria con il caso simbolo di Norma Cossetto, trucidata dai Titini comunisti, che completarono l’operazione tra il ’45 e il ’47 con altri massacri soprattutto verso le donne, che provocò l’esodo forzato di 300mila italiani.
Rossana Mondoni
Ernest Hemingway sulla autoambulanza.
Per una documentazione storica completa si segnala il sito web costruito dalla Regione Lombardia e Comune di Bollate:
http://immaginiememoria.it/storie/quellesplosione-centanni-fa/documenti/
che riporta l’Album delle foto di Luca Comerio del 1917, conservato presso l’Archivio di Stato di Perugia, sezione di Spoleto, tra i documenti del Fondo Blaser.
Il sito raccoglie documenti e le immagini con cui il fotografo e cineasta Luca Comerio ha documentato l’attività dello stabilimento della Sutter & Thèvenot, i vari reparti e le maestranze che vi lavoravano. Uno dei testimoni della tragedia fu Ernest Hemingway, intervenuto come giovane volontario della Croce Rossa Internazionale appena arrivato in Italia.