Le Pagine oscure dei Servizi segreti

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Da più parti si rafforza la convinzione che i russi abbiano sottovalutato la resistenza ucraina soprattutto per errori nella raccolta delle informazioni d’intelligence nei mesi precedenti all’invasione. Da ciò sarebbe derivata una sfiducia crescente di Putin nei confronti dell’FSB, il servizio segreto “civile” distino dal GRU, che è invece il servizio segreto militare.

Fin da metà aprile si era diffusa la voce che Putin avesse attuato una sorta di “purga” nelle file dell’FSB e in particolare nel cosiddetto Quinto Servizio, la divisione speciale, costituita nel 1998 dallo stesso Putin quando era capo dell’FSB, dedicata a operazioni nei paesi dell’ex-Unione Sovietica per tenerli legati alla sfera d’influenza di Mosca.

Fonti britanniche, nonché il giornalista Andrei Soldatov, sostenevano allora che fossero stati “licenziati 150 ufficiali dell’FSB, alcuni dei quali anche arrestati”, e che, in particolare, l’ex capo del Quinto Servizio, Sergei Beseda, sarebbe stato imprigionato nel carcere di Lefortovo, a Mosca, famigerato fin dai tempi di Stalin. Dopo alcune settimane di silenzio sugli assetti spionistici interni alla Russia, il 12 maggio il CEPA, Center for European Policy Analysis, ha pubblicato un rapporto a firma di Andrei Soldatov e Irina Borogan, che indica come Putin abbia deciso di affidare al GRU la raccolta e l’analisi d’informazioni dallo scacchiere di guerra, proprio perchè deluso dalle cantonate prese dall’FSB.

L’indizio più importante sarebbe la notizia data dalla tivù Tsargrad, vicina al Cremlino, che ha definito “massimo responsabile” dell’intelligence nel conflitto ucraino il primo vice direttore del GRU, generale Vladimir Alekseyev, che proviene dalle forze speciali Spetsnaz e che è già accusato in Occidente di aver interferito con le elezioni presidenziali americane del 2016 e aver attuato il controverso avvelenamento dell’ex-agente russo Sergej Skripal a Salisbury nel 2018.

Certo, il GRU, l’unico servizio segreto russo che non ha mai cambiato nome dai tempi di Lenin e Stalin, appare più indicato in operazioni di guerra convenzionale, tantopiù che l’FSB sarebbe specializzato più che altro alla sicurezza interna della Federazione Russa, mentre l’antico ramo estero del KGB è incarnato dall’SVR. Quanto a Beseda, non si sa se è stato rimesso in libertà, oppure, se addirittura non è mai andato in galera. Infatti un paio di settimane fa è stato visto in pubblico, come niente fosse, al funerale di un ex-generale del KGB, Nikolai Leonov, dove ha tenuto un discorso, presentato con la sua consueta carica di capo del Quinto Servizio, poi è stato visto nel suo ufficio nel palazzo della Lubjanka, riabilitato.

Non sono certo queste le sole trame che si dipanano in questi giorni attorno al conflitto russo-ucraino. Mentre si discute sempre sulla veridicità, o meno, delle stragi compiute dai militari di Mosca nel paese invaso, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che stabilisce un’inchiesta indipendente ONU sui presunti crimini di guerra russi.

La votazione si è tenuta il 12 maggio su richiesta dell’Ucraina e non vi ha partecipato la Russia. E’ passata col voto favorevole di 33 nazioni, 12 astensioni e i “no” solo di Cina ed Eritrea. L’ONU, tuttavia, cercando di essere imparziale, dà credito anche a denunce di crimini di guerra ucraini, il che non deve stupire dato che in tutte le guerre, rabbia e atrocità, non sono mai esclusiva solo di una parte. Il 10 maggio, infatti, la responsabile della Missione di monitoraggio dei diritti umani delle Nazioni Unite in Ucraina, Matilda Bogner ha parlato di “informazioni credibili” di torture su soldati russi da parte degli ucraini

Abbiamo ricevuto informazioni credibili su torture, maltrattamenti e detenzione da parte delle forze armate ucraine di prigionieri di guerra appartenenti alle forze armate russe e ai gruppi armati affiliati. Un trattamento disumano si sta verificando tra i militari catturati di ambo le parti che sono costretti a rilasciare dichiarazioni, scuse e confessioni e subire altre forme di umiliazione”. Ciò potrebbe spiegare i casi di “interrogatori” o “confessioni” di prigionieri russi mostrati dalle telecamere ucraine, forse costretti con le minacce a diffondere false notizie o falso dissenso che screditino l’esercito russo.

Mosca, intanto, prosegue sulla “pista” dei presunti laboratori biologici installati in Ucraina dagli americani per esperimenti di guerra batteriologica lontano dal territorio statunitense, tanto da chiedere per il 13 maggio una riunione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sull’argomento.

Fra le novità portate dai russi sulla spinosa questione, che non possiamo bollare a priori come vera o falsa, prima di un’indagine indipendente, l’11 maggio il ministero della Difesa di Mosca ha sostenuto “di avere le prove” che il Pentagono avrebbe partecipato ad “esperimenti biologici su pazienti di ospedali psichiatrici vicino a Kharkiv”.

Negli esperimenti, sarebbero coinvolte anche Germania e Polonia, nonché, le compagnie Pfizer, Moderna e Merck, nomi che al grande pubblico richiamano senz’altro la rapidissima messa a punto di vaccini per cercare di arginare l’emergenza Covid che tartassa il mondo da ormai due anni abbondanti. A denunciare tutto ciò è, nello specifico, il generale Igor Kirillov, che comanda le forze di Difesa Chimica, Biologica e Radioattiva dell’esercito russo.

Secondo lui: “Le società farmaceutiche Pfizer, Moderna, Merck e Gilead, che collabora con l’esercito americano, sono coinvolte in questo schema. Gli ideologi dell’attività biologico-militare sul territorio ucraino sono gli esponenti del partito democratico USA”.

Per Kirillov “le agenzie governative ucraine nasconderebbero studi sul campo e prove cliniche fornendo i biomateriali necessari”. Definisce l’Ucraina “banco di prova per i paesi occidentali nel creare i componenti delle armi biologiche e testare i nuovi modelli dei prodotti farmaceutici”.

Il governo russo ha istituito un comitato investigativo che, fra le prime conclusioni, ritiene che “per nascondere la propria identità, i ricercatori statunitensi sarebbero arrivati in Ucraina attraverso Paesi terzi”. E’ ovvio che affermazioni del genere sono troppo sorprendenti per non dare adito a sospetti di montature propagandistiche, ma solo il tempo e inchieste internazionali potranno stabilire davvero il confine fra il vero e il falso.

Nel frattempo non si può che constatare come, al netto dell’autoritarismo della Russia di Putin, nemmeno l’Ucraina di Zelensky sia propriamente un campione di democrazia occidentale, se è vero che il 12 maggio è stato soppresso un partito politico perché “filorusso” che aveva un certo seguito popolare. E’ il movimento denominato Piattaforma di Opposizione per la Vita, guidato dal Viktor Medvedchuk, deputato già arrestato lo scorso 12 aprile dal servizio segreto ucraino SBU per tradimento. Il partito alle elezioni del 2019 aveva raccolto il 13,05% dei consensi, pari a 43 seggi nella Verkhovna Rada, il parlamento di Kiev, ma la sua attività politica, di fatto era stata bloccata già dal 20 marzo, come per una decina di altri partiti.

Frattanto, dietro le quinte, trema perfino il premier britannico Boris Johnson e tutti i suoi imbarazzati compagni del partito conservatore, poiché fanno capolino presunti finanziamenti russi alla suddetta formazione politica.

Il New York Times ha parlato di un documento bancario secondo cui Ehud Sheleg, miliardario israelo-britannico, mercante d’arte ed ex tesoriere del Partito Conservatore, avrebbe versato al partito 450.000 sterline poco prima delle elezioni del 2019. I soldi sarebbero arrivati da un conto in una banca di Londra, intestato a Sheleg presso la Barclay e che riceveva denaro a lui trasferiti da suo suocero Serghei Kopytov, padre della seconda moglie di Sheleg, sposata nel 2014. Questo Kopytov è descritto come “ex politico filo-russo d’origine ucraina titolare di proprietà e alberghi in territorio russo e in Crimea”.

Se ci sia una rete occulta che collega Johnson al Cremlino per vie finanziarie è certamente tutto da dimostrare, ma non ci sarebbe da stupirsi troppo, pensando che, per tragica ironia, nel 2011 il presidente francese Nicolas Sarkozy mosse guerra al colonnello libico Muhammar Gheddafi che tempo prima gli aveva in parte finanziato la campagna elettorale.

Mirko Molteni

L’articolo e tratto dal saggio:

Verso una “guerra per procura” in Ucraina? – Analisi Difesa

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