La Riforma: un residuo di un’altra era politica
Approvata in quarta lettura l’8 ottobre 2019, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 12 ottobre, il testo della legge costituzionale prevede la riduzione del numero dei parlamentari del 36%:
CAMERA: da 630 a 400 deputati
SENATO: da 315 a 200 senatori elettivi.
A seguito della riforma, il numero medio degli abitanti per deputato aumenta da 96.006 a 151.210. Il numero medio di abitanti per ciascun senatore cresce da 188.424 a 302.420.
Il testo è molto breve – solo 4 articoli – apparentemente senza particolari problemi tecnici o politici.
Il testo
Art. 1. (Numero dei deputati)
1. All’articolo 56 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al secondo comma, la parola: «seicentotrenta» è sostituita dalla seguente: «quattrocento» e la parola: «dodici» è sostituita dalla seguente: «otto»;
b) al quarto comma, la parola: «seicentodiciotto» è sostituita dalla seguente: «trecentonovantadue».
Art. 2. (Numero dei senatori)
1. All’articolo 57 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al secondo comma, la parola: «trecentoquindici» è sostituita dalla seguente: «duecento» e la parola: «sei» è sostituita dalla seguente: «quattro»;
b) al terzo comma, dopo la parola: «Regione» sono inserite le seguenti: «o Provincia autonoma» e la parola: «sette» è sostituita dalla seguente: «tre»;
c) il quarto comma è sostituito dal seguente:
«La ripartizione dei seggi tra le Regioni o le Province autonome, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, si effettua in proporzione alla loro popolazione, quale risulta dall’ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti».
Art. 3. (Senatori a vita)
1. All’articolo 59 della Costituzione, il secondo comma è sostituito dal seguente:
«Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Il numero complessivo dei senatori in carica nominati dal Presidente della Repubblica non può in alcun caso essere superiore a cinque».
Art. 4. (Decorrenza delle disposizioni)
1. Le disposizioni di cui agli articoli 56 e 57 della Costituzione, come modificati dagli articoli 1 e 2 della presente legge costituzionale, si applicano a decorrere dalla data del primo scioglimento o della prima cessazione delle Camere successiva alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale e comunque non prima che siano decorsi sessanta giorni dalla predetta data di entrata in vigore.
La variante invariante del Rosatellum e la Riforma costituzionale in corso
In concomitanza con l’iter parlamentare della riforma il Parlamento è intervenuto sulla legge elettorale per le Politiche, il Rosatellum, con la legge 51/2019. L’intervento legislativo è stato attuato, non per eliminare le evidenti storture e i gravi difetti, solo per adattare la legge elettorale n.165/17 alla riforma di riduzione dei parlamentari in corso di approvazione. L’intervento concordato dalla maggioranza M5S-Lega ha aperto la strada alla riforma costituzionale di riduzione dei parlamentari, lasciando insoluti i punti problematici di tale sistema, come le multi candidature, come anche il problema dei seggi che volano da una parte all’altra dell’Italia, a totale insaputa degli elettori, come è successo con il voto del 2018. La legge di variante, che non apporta varianti al Rosatellum, è stata approvata il 27 maggio 2019 e ha determinato il numero di seggi da attribuire nei collegi uninominali e nei collegi plurinominali sulla base di un rapporto frazionario (3/8) e non più di un numero fisso. La finalità di tali modifiche è stata quella di rendere applicabile il sistema elettorale indipendentemente dal numero dei parlamentari previsto dalla Costituzione, in modo che non si rendesse necessaria una modifica alla normativa elettorale qualora il numero dei parlamentari fosse modificato con la legge di modifica costituzionale in corso di approvazione.
La legge 51/2019 all’art. 3 dispone una delega al Governo per la determinazione dei collegi – uninominali e plurinominali – per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica da esercitare “qualora entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della legge sia promulgata una legge costituzionale che modifica il numero dei componenti delle Camere”.
La modifica del numero dei componenti comporta infatti, a legislazione elettorale invariata, una corrispondente modifica del numero dei collegi elettorali e, quindi, dei relativi confini.
In caso di esito positivo del Referendum costituzionale confermativo previsto per il prossimo autunno 2020, la delega al Governo deve essere esercitata, ai sensi del suddetto art. 3, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge costituzionale sulla base dei principi e criteri direttivi previsti dall’art. 3 della legge 51/2019 (che in gran parte richiamano quelli individuati dall’art. 3 della legge n. 165 del 2017). L’eventuale intervento di modifica riguarderà il D.lg.vo 189 del 2017.
Questo meccanismo dimostra molto semplicemente la mancanza di buona volontà dei proponenti, visto che la formazione dell’ambito territoriale – il collegio – dove si forma la rappresentanza territoriale, appare l’ultimo dei pensieri del Legislatore, preoccupato solo di far quadrare i conti tra candidature bloccate e multiple, senza riguardo del voto degli elettori, sanciti dall’art.1 della Costituzione. Il “collegio” come ambito territoriale ha bisogno di essere conosciuto per tempo dagli elettori, dalle organizzazioni sociali e politiche, in modo che possano organizzarsi al suo interno per esprimere una candidatura e un rapporto stabile con l’eletto. Ad esempio, con il Mattarellum, i collegi del 1993 iniziarono a essere assunti dai partiti come modalità organizzativa solo dopo 7-8 anni, ai primi anni duemila (adattando le sezioni al collegio, con rappresentanti locali ecc.). Se la dimensione e la configurazione geografica è tracciata pochi mesi prima del voto, vuol solo dire che il collegio è un artificio, diventa così esclusivamente un mezzo tecnico per presentare una candidatura bloccata, scelta dall’alto. Il contrario della finalità assegnata al collegio uninominale nell’ambito della scienza politica. L’interazione tra la Riduzione del numero di parlamentari e l’impiego del Rosatellum per le elezioni politiche comporta una vistosa compressione di fatto della sovranità popolare, senza apportare alcun vantaggio concreto agli elettori, se non appesantire la deriva oligarchica del sistema politico.
Quindi, a una analisi più attenta si evidenziano molti elementi critici, come illustrato nelle relazioni presentate all’incontro di studio organizzato da ISPIG (1) a febbraio 2020.
Una Riforma di un’altra era politica
Il tema della riduzione dei parlamentari è stato un argomento condiviso da molti, sull’idea diffusa dai principali media, che i parlamentari siano abbondanti come numero, per cui risparmiare circa 60 milioni all’anno di costi del personale fosse un risparmio significativo. A maggio 2020, con il fermo dell’economia e i gravi problemi da risolvere che richiederanno l’immissione di enormi capitali pubblici nel sistema economico, parlare di un ipotetico risparmio, molto modesto se paragonato con lo spese in corso (una per tutte: 3 miliardi per Alitalia), cui corrisponde una spesa immediata per la consultazione elettorale referendaria di alcune centinaia di milioni, appare un’operazione bizzarra, senza senso pratico compiuto. L’eventuale risparmio verrebbe già subito divorato dalle spese referendarie, che sono immediate, mentre i risparmi si avranno tra qualche anno. In più si innesca un processo di adeguamento del sistema normativo collaterale, come i regolamenti parlamentari di Camera e Senato, che sicuramente richiederanno infinite riunioni e discussioni, con il pericolo di distrarre l’attenzione dai gravi compiti attualmente in carico al Parlamento.
Si rimanda al saggio di Felice Besostri, in questo numero, che illustra i gravi problemi di costituzionalità del testo approvato. Questi possibili problemi di costituzionalità non sono tollerabili in un periodo come questo che richiede di concentrarsi nella risoluzione dei guai apportati dal COVID senza aggiungerne altri non richiesti. Improvvisamente, tale la Riforma, è apparsa in tutta la sua modestia, una estemporanea espressione di una politica raffazzonata, inutile e dannosa per il Cittadino. Oltre ad essere sicuramente molto costosa fin da subito, visto che il referendum si “mangerà” i paventati risparmi futuri.
Un fatto curioso: il principale proponente – il M5S – nel 2018 non si è presentato con tale riforma nel programma politico depositato per le elezioni politiche, mentre è presente in quello di altri partiti (Forza Italia, FdI e Lega). Questo modo di operare non rispettoso dell’elettore nei fatti persegue una deriva elitaria.
Il Referendum confermativo sulla Riforma costituzionale è stato rinviato con il decreto (2) legge Cura Italia, invece le elezioni Regionali e comunali sono state rinviate dal Governo all’autunno 2020 con D.L. n.26 del 20 aprile.
Leggi Elettorali e Elezioni Politiche
Riepilogo storico
Può essere utile avere un quadro dei sistemi elettorali che hanno caratterizzato gli ultimi settantacinque anni dopo la ripresa postbellica per capire quello che è successo e che piega ha preso il tanto decantato riformismo elettorale degli ultimi anni.
Il sistema elettorale per l’Assemblea Costituente è stato definito dal d.lg.lgt. 74/1946 del marzo ‘46.
In seguito, nei lavori dell’Assemblea costituente era emerso che il Senato avrebbe dovuto esercitare una funzione di equilibrio tra “l’invadenza” del Governo e l’estensione legislativa della Camera dei deputati, operando un raccordo con il sistema delle autonomie locali.
I sistemi elettorali approvati nel 1948 per Camera e Senato sono stati differenti, per via di un ordine del giorno, odg Nitti, approvato dall’Assemblea a favore del collegio uninominale per il Senato.
Il motivo di tale scelta è certamente politico, maturato in un contesto che prevedeva delle particolarità per il Senato per il ruolo a esso assegnato: un livello di competenza ed esperienza, da un punto di vista amministrativo dei candidati più elevato, per le funzioni di raccordo con gli enti locali.
CAMERA suffragio universale
funzioni di rappresentanza politica di tutte le istanza presenti nella società civile (generale)
Dal D.L.Lgt 74/46, con alcune modifiche è scaturito il sistema elettorale del 1948 per la Camera, con la legge 6 febbraio 1948, n. 29
SENATO suffragio universale ridotto (mancano i giovani 18-24 anni)
elezione su base regionale
legame tra il territorio, il sistema delle autonomie locali e la Regione
Il sistema elettorale del Senato, legge 7 ottobre 1947 n. 1058, è un caso a se stante costruito sulla base dell’ O.d.G. Nitti approvato dalla Costituente nel ’47 (utilizzo del collegio uninominale al Senato) e il sostanziale aggiramento ottenuto con il lodo Dossetti – Togliatti passato alla storia come “Minotauro”
Lo schema dell’ordinamento elettorale a partire dalla fine della seconda Guerra mondiale (epoca repubblicana) è sinteticamente il seguente:
Il Rosatellum
La legge elettorale utilizzata il 4 marzo 2018 è stata approvata dalla Camera il 12 ottobre e dal Senato il 26 ottobre 2017. La legge, che ha preso il nome giornalistico di Rosatellum, ha delineato un sistema elettorale inedito di tipo ibrido con più formule di riparto dei seggi e una disposizione territoriale in collegi molto complessa, delegata al Governo ed approvata con il D.Lgvo 189/2017.
Il Rosatellum, dal nome del capogruppo del PD alla Camera, Rosato, autore della mediazione politica, prevede l’assegnazione di 232 seggi alla Camera (con il collegio Valle d’Aosta) e di 100 seggi al Senato (cui si aggiungono 1 collegio in Valle d’Aosta e 6 collegi in Trentino-Alto Adige) sia effettuata in collegi uninominali con formula maggioritaria, in cui è proclamato eletto il candidato più votato. L’assegnazione dei restanti seggi (61% dei seggi) avviene, nell’ambito di collegi plurinominali, con metodo proporzionale tra le liste e le coalizioni di liste che hanno superato le soglie di sbarramento: sono quindi proclamati eletti in ciascun collegio plurinominale, dopo l’assegnazione tramite un complesso algoritmo, nei limiti dei seggi ai quali ciascuna lista ha diritto, i candidati compresi nella lista “bloccata” del collegio, secondo l’ordine di presentazione. Il problema principale del Rosatellum è la multi candidatura, visto che permette di essere candidati in 5 collegi plurinominali più un collegio uninominale.
N° 108 collegi da 291 mila abitanti in media circa, con le eccezioni previste dalla Costituzione e dalla legge.
I seggi possono volare? Si, da una parte all’altra d’Italia
In Italia, si è anticipato nelle pagine precedenti, i seggi sia con il Porcellum, poi con l’Italicum e ora con il Rosatellum, hanno la proprietà di poter essere teletrasportati in luoghi differenti da dove sono stati generati: in pratica “volano”. Non sono casi rari. La vicenda del seggio siciliano al Senato nelle elezioni del 2018 è molto indicativa (3). I M5S hanno avuto più eletti di candidati disponibili, perché hanno fatto uso delle multi candidature, con un risultato molto positivo nei collegi uninominali, per cui tutti quelli eletti nell’uninominale non potevano essere eletti anche nei collegi plurinominali. La lista bloccata corta è risultata insufficiente nel collegio. La soluzione trovata dalla Giunta per le Elezioni del Senato è stata quella di far ricoprire il posto vuoto di senatore in Sicilia a un candidato non eletto in Umbria. Un senatore ex-M5S si è opposto, ne è nato un conflitto di attribuzione patrocinato dall’avv. Felice Besostri. La Corte Costituzionale ha deciso di non accogliere il ricorso. Besostri ha così descritto (4) i fatti:
“Se l’ufficio elettorale viene promosso a potere dello Stato
Con l’ordinanza numero 86 viene dichiarato inammissibile il conflitto di attribuzioni sorto nello strano caso di una candidata umbra nominata a riempire un seggio vacante in Sicilia.
Accontentiamoci finché siamo in tempo. La Corte costituzionale ha depositato, a distanza di un mese dalla camera di consiglio del 6 aprile l’ordinanza numero 86, con la quale è stato dichiarato inammissibile il conflitto di attribuzioni da me presentato per conto del senatore Gregorio De Falco, avverso una decisione della giunta delle elezioni del Senato. La giunta aveva deciso di proclamare eletta una candidata umbra per coprire un seggio rimasto vacante in Sicilia, alla faccia dell’articolo 57 primo comma della Costituzione che prevede che l’elezione del senato della Repubblica sia fatta a base regionale. A alla faccia anche dell’articolo 66 della Costituzione, in base al quale alle camere spetta di convalidare un parlamentare elettorale regionale. Ma non basta, perché con la disinvolta operazione sono stati travolti in un solo colpo anche gli articoli 48 e 58 della Costituzione, per i quali il voto è personale e diretto. Gli elettori umbri, che conoscevano la candidata, non le hanno ovviamente dato fiducia. E se il voto è diretto, sorprende che i voti dati in Sicilia abbiano eletto una persona a loro del tutto sconosciuta, che dovrebbe rappresentare in Senato la nazione e anche la Regione Sicilia. Altra anomalia è che il collegio sostitutivo non sia stato individuato dall’ufficio elettorale centrale, in analogia con quanto avviene alla Camera, con il paradosso che ne ha beneficato una regione con sette seggi in soprannumero rispetto alla popolazione, quando gliene spetterebbero al massimo quattro. L’ordinanza della Corte costituzionale si è però peritata di non dare il minimo avallo all’operazione compiuta dalla giunta. Ha solo eccepito la legittimazione del senatore De Falco a promuovere un conflitto di attribuzione. Questa legittimazione, secondo la Corte, sussisterebbe soltanto quando «siano prospettate violazioni manifeste delle prerogative costituzionali dei parlamentari rilevabili nella loro evidenza già in sede di sommaria delibazione» e, di conseguenza, è necessario che, a fondamento della propria legittimazione, il parlamentare «alleghi e comprovi una sostanziale negazione o un’evidente menomazione della funzione costituzionalmente attribuita al ricorrente, a tutela della quale è apprestato il rimedio giurisdizionale innanzi a questa Corte ex articolo 37, primo comma, della legge numero 87 del 1953». Invece il senatore De Falco non ha contestato la procedura, ma ha contestato il risultato, cioè che entri a far parte del senato chi non ne aveva diritto. Non avrebbe reagito a qualsiasi altra nomina di un candidato siciliano. L’ordinanza, come già l’ordinanza numero 17 del 2019 che ammise in via di principio il conflitto di attribuzione del singolo parlamentare, indica che altri organismi sono legittimati a promuovere il conflitto: l’ufficio elettore regionale siciliano e l’ufficio elettorale centrale nazionale. A pensarci bene si tratta di un bel passo in avanti nello status degli uffici elettorali, che potrebbe portare anche, come sarebbe auspicabile, a riconoscere loro il potere di sollevare questioni di legittimità costituzionale sulle leggi elettorali. In questo modo potrebbe alla fine diminuire il rischio che il prossimo Parlamento, cui spetterà di eleggere quattro membri della Corte costituzionale, sia partorito dalla terza legge elettorale incostituzionale che abbiamo dovuto vedere in questo Paese.”
Osservazioni sulla costituzionalità della Riforma costituzionale soggetta a referendum
Felice C. Besostri
Riflessione. Non è costituzionalmente legittimo l’art. 57 c. 3 Cost. novellato nella parte in cui equipara le Province Autonome alle Regioni ai fini del numero minimo di senatori
Il novellato art. 57 c. 3 Cost. equipara le Province autonome alle Regioni al fine del numero minimo di senatori. Nuovo testo: “Nessuna Regione e Provincia autonoma può avere un numero di senatori inferiore a tre; il Molise ne ha due, la Valle d’Aosta uno”.
L’art. 57 c.1 Cost. non è stato modificato e pertanto : “Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero.” non a base regionale e/o provinciale autonoma ovvero circoscrizionale, come prevede (5) pdl cost.
L’art. 57 c. 4 nella formulazione NUOVA afferma il principio: La ripartizione dei seggi tra le Regioni e le Province autonome, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, si effettua in proporzione alla loro popolazione, quale risulta dall’ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti” principi esteso alle Province autonome, appena esentate dal c. 3. Il comma 4 riguardava solo le Regioni, che non beneficiavano del numero minimo, quindi le Province autonome non dovevano essere nominate, semmai al c.1 se le si voleva equiparare alle regioni, con espressione del tipo è “eletto a base regionale o di provincia autonoma”.
Le regioni sono quelle nominate tassativamente nell’art. 131 Cost.” (Sono costituite le seguenti Regioni: …(omissis) Trentino-Alto Adige; ..( omissis)”. Denominazione mai cambiata poiché l’articolo 131, nella formulazione originaria, individuava un’unica regione sotto la dizione «Abruzzi e Molise», ma fu così modificato dall’art. 1 della legge cost. 27 dicembre 1963, n. 3, che ha istituito la Regione Molise., con altra norma costituzionale l’art. 2 della legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3, sono stati modificati i commi 1 e 2 dell’art 116, cambiando il nome della Regione Trentino Alto Adige e della Valle d’Aosta” Il Friuli-Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale.
La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano.”, le due Province di Trento e Bolzano non costituiscono due entità separate ma la regione Trentino-Alto Adige/Südtirol , senza modificare l’art. 131 Cost., né il 57 c. 1 Cost.
La modifica del c.3 del 57 è un escamotage furbastro per dare a quella Regione e solo a quella regione un trattamento, non giustificato dalla presenza della minoranza tedesca la sola tutelata dall”accordo De Gasperi-Gruber, la ladina, infatti non era nominata nella disposizione 111 e non è specifica della Provincia di Bolzano, ma presente anche nel Trentino.
In ogni caso sia la Sardegna che il Friuli-Venezia Giulia, regioni autonome come il Trentino-Alto Adige, hanno minoranze linguistiche, più consistenti della tedesca di Bolzano, tutelate anch’esse da norme statutarie o di attuazione dello statuto equiparate dall’ art. 83 Dpr 361/1957 applicabili anche al Senato ex art. 27d.lgs 533/1993.
La non equiparabilità di Regioni e Province autonome è rafforzata dall’art. 114 c.1 Cost. “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato.”, testo risultante dall’art. 1 della legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3.
Le Province autonome non sono nominate, se non sono parti costituenti la Repubblica non possono essere parti costituenti il Senato della Repubblica. Mi sembra una violazione dell’art. 3 e degli art.48 e 51 Cost e degli stessi criteri della deroga originaria che fin dalla proposta iniziale di Mortati aveva individuato 5 regioni, tra cui la Sardegna e non l’Abruzzo, credo perché nel secondo dopoguerra gli ABRUZZI e MOLISE uniti non avevano bisogno della deroga, una presunzione perché i censimenti generali sono ripresi con il 1951. Nella tabella seguente si desume l’intollerabile privilegio al TT-AA/S (1.029.475 ab.), che è anche la regione meno popolata di FRIULI-VG(1.218.985) e ABRUZZ0(1.307.309), nonché di LIGURIA (1.570.694 ab.), MARCHE (1.541.319) e SARDEGNA (1.639.362), che ne avevano 8 (in lettere otto) e ora 5 (cinque). Infine, anche, UMBRIA (884.268 ab.) e BASILICATA (578.036 ab.) sono molto più popolate delle Province di TRENTO (524.832 ab.) e BOLZANO (504.643), singolarmente considerate. Il tema mi riporta a 51 anni fa, alla mia tesi di laurea dal titolo “Il controllo materiale di costituzionalità sulle norme formalmente costituzionali nella Repubblica Federale Tedesca” (relatore prof. Paolo Biscaretti di Ruffìa, correlatore prof. Valerio Onida), con una piccola parte di comparato, cioè il caso che un Presidente italiano non promulgasse una legge costituzionale, rinviata alle Camere e riapprovata, perché incostituzionale in contrasto con i principi supremi.
Senato: Italiani di serie A, B e C: si vede quanto meno vale un elettore della propria regione rispetto ad un trentino/sudtirolese
Serie A:
Residenti in Trentino-Alto Adige/Südtirol, Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, Molise e Basilicata. Eleggono un senatore rispettivamente ogni 171 mila, 127 mila, 157 mila e 193 mila abitanti, ma Molise e Val d’Aosta non avevano numero minimo (7), ma fisso rispettivamente 2 e 1. In compenso la Val d’Aosta e il Molise pagavano di più della media nazionale (96.004) i deputati: VdA 127 mila e Molise 105 mila e ora col taglio 157 mila.
Serie B:
Tutti i residenti nelle restanti regioni italiane con rapporti abitanti/senatori variabili da:
295mila ab/sen dell’Umbria e 304 mila del Veneto nella fascia inferiore ai
327 mila di Abruzzo e Calabria e 328 mila della Sardegna nella fascia alta.
Serie C:
Iscritti nell’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE, al 31 dicembre 2012: 4 341 156 italiani residenti all’estero. Così ripartiti nelle quattro circoscrizioni elettorali estere per le elezioni politiche: Europa: 2 365 170-America meridionale: 1 338 172-America settentrionale e centrale: 400 214- Africa, Asia, Oceania e Antartide : 237 600. Nelle elezioni Senato 2018 Elettori 3.835.780- Votanti 1.160.985 pari al 30,27 %. Nella Circoscrizione Europa Elettori 2.032.628-Votanti 620.006 pari al 30,50 % degli aventi diritto. Se restano le 4 circoscrizioni senatoriali l’Europa, che conta più del 50% iscritti A.I.R.E., degli elettori e dei votanti avrà un solo Senatore.
La Tabella
La legge costituzionale riduce il numero dei Deputati da 630 a 400, compresi i Deputati eletti nelle Circoscrizioni Estero che da 12 diventano 8 (400-8=392) e riduce il numero dei Senatori da 315 a 200, compresi quelli eletti all’Estero, che passano da 6 a 4 (200-4=196). La popolazione è quella censita nel 2011. I dati evidenziano il cambio del rapporto popolazione/eletti. Non si è tenuto conto della quota maggioritaria, pari al 37%, prevista dalla legge elettorale vigente, perchè il Parlamento ne sta discutendo un’altra, interamente proporzionale con soglia di sbarramento. Se si andasse a votare con la legge vigente, gli effetti della riduzione sarebbero devastanti.
Il fronte del No al Referendum: ricorso al TAR Lazio sulla
costituzionalità della Riforma costituzionale
Oggetto del Ricorso al Tar
Lo scorso 23 maggio ho notificato un ricorso al TAR Lazio. Il ricorso è stato promosso da me e altri 10 cittadini elettori per riaffermare che:
• L’Italia è una Repubblica democratica sociale, perché fondata sul lavoro (art. 1 Cost.), sulla dignità della persona umana, che gode di diritti inviolabili, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità (art. 2 Cost.), su donne e uomini eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali (art. 3 c. 1 Cost.);
• La sovranità appartiene al popolo (in nessun’altra Costituzione democratica è detto con questa chiarezza, “appartiene” e non genericamente che deriva dal popolo), che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione (art. 1 c. 2 Cost.).
In una Repubblica democratica rappresentativa con forma di Governo parlamentare, così l’hanno voluta le madri e i padri costituenti, la forma principale di esercizio della sovranità da parte del popolo è la partecipazioni delle elettrici e degli elettori al voto per il rinnovo del Parlamento, dei Consigli regionali, comunali e provinciali e ai referendum abrogativi e costituzionali, come quello già previsto per il 29 marzo 2020 e sconvocato senza contestualmente o parallelamente fissare una nova data: un precedente pericolosissimo in mano ad una maggioranza e ad un parlamento diverso da questi.
Qui ed ora nessuno può governare da solo. Dovete, invece, pensare ad una maggioranza, che controlla il Parlamento in seduta comune e quindi l’elezione del Presidente della Repubblica (art. 83 Cost.) o la sua messa in stato d’accusa (art. 90 Cost.), l’elezione di un terzo del Consiglio superiore della Magistratura (art. 104 Cost.) e, infine, 5 membri su 15 della Corte costituzionale.
Quando questa futura ipotetica maggioranza avrà eletto il suo Presidente della Repubblica, ne nominerà 10 su 15, i 2/3, per combinazione 9 su 10 od anche 8 su 10, perché la sostituzione della Presidente, l’eccellente prof. Cartabia, spetta al Presidente in carica, e l’ultimo eletto dal Parlamento nel 2018 dalla XX Legislatura, in caso di elezioni anticipate, cioè di scioglimento appena dopo la riconferma del Presidente Mattarella nel febbraio 2022 o l’elezione di un successore.
Questo è il punto cruciale: con la legge elettorale L. 165/2017 + L. 51/2019 una forza superiore al 30% distribuito in modo omogeneo sul territorio nazionale, anche se minore del 35%, può controllare il Parlamento in seduta comune, perché il premio di maggioranza annullato per 2 volte dalla Corte Costituzionale è stato reintrodotto di contrabbando nel Rosatellum.
L’ho sempre detto che non è il nome di un buon vino, ma di una pessima legge elettorale. Una volta ne erano convinti anche i 5 Stelle, l’unica forza che si batté contro, ma poi la consolidarono con la legge n. 51/2019, che ha privilegiato la parte maggioritaria a danno di quella proporzionale + 4 seggi alla Camera (1% su 400) e + 16 seggi al Senato (8% su 200). Gli effetti dei pericoli potenziali si amplificano con la riduzione media del 36.50% dei Parlamentare che però al Senato sono -40% per la Calabria, -57% per la Basilicata, che ha 159.000 abitanti di più della provincia di BOLZANO e lo stesso numero di senatori 3, o l’UMBRIA che con 359.000 abitanti in più della PROVINCIA di Trento ha lo stesso numero di senatori sempre 3.
Se si vota per il referendum insieme alle elezioni Regionali e il primo turno delle comunali non si parlerà del taglio dei Parlamentari e l’Italia diventerà il fanalino di coda della rappresentanza parlamentare, il paese in cui ci voglio più cittadini per eleggere un parlamentare, ma grande vittoria si tagliano le poltrone! Ma se lo scopo è quello sono ancora troppi. Basterebbe una sola Camera di 400 membri, anzi nessun Parlamento, che lo dice lo stesso nome sanno solo parlare, mentre uno solo al comando con pieni poteri eletto direttamente dal popolo farà, almeno, arrivare i treni in orario.
1 https://www.istitutostudipolitici.it/ Il convegno si è tenuto all’ISPIG il 17.2.2020. Si rimanda al sito web dell’Istituto per le relazioni e le slide che espongono i nodi politici della Riforma, compresi quelli di opportunità e coerenza rispetto alle finalità dichiarate.
2 E’ l’art.81 del D.L. 18/2020 che ha stabilito in 240 giorni, dalla comunicazione dell’ordinanza che lo ha ammesso, il termine entro cui dovrà essere nuovamente indetta la consultazione referendaria.
3 https://www.tgcom24.mediaset.it/politica/in-senato-subentra-emma-pavanelli-il-m5s-sale-a-107-seggi-il-pd-occupa-l-aula_3223490-201902a.shtml.
“… In Aula i voti favorevoli sono stati 150, 121 quelli contrari, quattro gli astenuti. Il “caso” risale al 4 marzo 2018. In base ai voti ottenuti alle elezioni politiche, in Senato avrebbero dovuto sedere 17 M5s eletti in Sicilia, ma – dato il boom di consenso ottenuto sull’isola – i candidati a disposizione erano solo 16. La giunta ha in questi mesi studiato il dossier e poi deciso a maggioranza, facendo ricadere la scelta sull’Umbria, dal momento che in quella regione si trova il collegio plurinominale della circoscrizione in cui la lista ha “la maggiore parte decimale del quoziente già utilizzata”. Dopo le furenti proteste, la conferenza dei capigruppo ha deciso all’unanimità che la presidente del Senato si incaricherà di inviare alla Corte Costituzionale, “per opportuna conoscenza”, il dossier che riguarda il provvedimento che farà scattare un seggio scattato in Sicilia al listino dell’Umbria…”
4 Il Manifesto del 9 maggio 2020. https://ilmanifesto.it/se-lufficio-elettorale-viene-promosso-a-potere-dello-stato/
5 C.2238 – 18ª Legislatura, presentatori: On. Federico Fornaro (LEU) e altri
Modifiche agli articoli 57 e 83 della Costituzione, in materia di base territoriale per l’elezione del Senato della Repubblica e di riduzione del numero dei delegati regionali per l’elezione del Presidente della Repubblica