Il conto USA-Ucraina é servito. Contiamo su Draghi

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Ha fatto clamore la conferenza stampa tv di Putin con tanto di discorso alla nazione, lunedì 21 febbraio, dove ha ripercorso la storia russa per spiegare l’attuale situazione nel Donbass, ha anche firmato in diretta il riconoscimento delle due piccole repubbliche. La partita a scacchi di geopolitica europea oggi è ufficialmente iniziata. A nessuno importa nulla del Donbass, però è l’oggetto del contendere. Un primo effetto c’è stato: Boris Johnson ha archiviato l’armamentario repressivo studiato per l’epidemia Covid19, dando un liberi tutti, subito sostituito dal conflitto Usa Russia per l’Ucraina. Nel giro di poche settimane il gioco è cambiato, con tanto di crisi energetica al seguito e rapidissimo innalzamento delle bollette degli italiani che in questi giorni si vedono arrivare a casa conti astronomici. 

«La Cia aveva anticipato con tanto di data l’invasione dell’Ucraina, che doveva avvenire mercoledì scorso – dice Mario Caligiuri esperto di intelligence – intanto gli Usa hanno fatto avvicinare come non mai Russia e Cina. Che l’intelligence sia all’opera in queste settimane al calor bianco è fuor di dubbio. I risultati, quelli veri e seri, non appaiono certo sulle prime pagine dei giornali. Di sicuro le operazioni dei Servizi hanno una parte rilevante nella guerra dell’informazione che è potentemente in atto»  prosegue « Nelle prossime settimane potremo constatare se tra Ucraina e Russia, cioè tra Occidente e alleanza russo-cinese, prevarrà la guerra delle informazioni. Probabilmente sì. Ma stavolta le capacità delle élite politiche, e degli apparati che le sostengono, saranno determinanti. La Prima guerra mondiale scoppiò perché le classi dirigenti dell’epoca non si resero conto delle conseguenze delle loro azioni. Speriamo si sveglino in tempo.»

«Ci siamo messi noi nella trappola del gas» dice Romano Prodi, il 20 febbraio a Mezz’ora in più, su Rai3, per commentare gli ultimi sviluppi della crisi in Ucraina e la morsa dei rincari dell’energia che rischia di metter in ginocchio l’industria. Quando abbiamo deciso di “finirla con i contratti di lungo termine” sull’energia. Qualche giorno prima Prodi aveva consigliato a Draghi di trattare direttamente con la Russia per il gas, cioè contratti bilaterali e non come Europa. Abbiamo chiesto un parere a Giovanni Fasanella, giornalista esperto di dinamiche geopolitiche: «…se l’Europa fosse davvero un’entità politica con proprie strategie economiche, energetiche e della sicurezza, da tutti condivise, direi di no: sarebbe meglio una posizione comune. Ma siccome così non è, e molti Stati si muovono esclusivamente in base al proprio interesse nazionale, sono d’accordo con Prodi. Ho capito come vanno le cose leggendo diversi rapporti del governo britannico degli anni Sessanta contro la decisione italiana di comprare petrolio russo a un prezzo più vantaggioso rispetto a quello imposto dalle Sette Sorelle, creando non pochi problemi ai nostri amici. I quali, mentre pubblicamente mettevano l’Italia sul banco degli accusati, dietro le quinte brigavano per sostituirsi al nostro Paese nelle relazioni commerciali con l’Urss. Nel giugno 1961, Philip De Zulueta, consigliere del premier Harold Macmillan, suggerì al suo governo di intensificare le pressioni politico-diplomatiche per indurre Mattei e l’Eni a rescindere i contratti con l’Urss: «Se gli italiani riducessero le importazioni del petrolio sovietico, la cosa andrebbe sicuramente a vantaggio nostro». Macmillan, pienamente d’accordo con il suo consigliere, gli disse di procedere. E il solerte De Zulueta attivò subito il ministero del Commercio britannico perchè convincesse la Nato a bacchettare l’Italia. Dopo sole ventiquattr’ore, in una seconda lettera, il consigliere comunicò soddisfatto a Macmillan: la Nato ha «suggerito di moderare le importazioni di petrolio sovietico»; e il perfido aggiunse che il Regno Unito a quel punto «non esclude la possibilità di importarne per conto proprio [dall’URSS]. E’ uno scenario dal quale l’Inghilterra può trarre vantaggi». Non vorrei che l’Italia e l’Europa rimanessero stritolate nella guerra psicologica Russia-Usa (e Gran Bretagna) sulla questione dell’Ucraina, la cui invasione da parte di Putin, annunciata di continuo da Washington e Londra, è attesa da un momento all’altro come l’assalto dei tartari alla Fortezza Bastiani. Non voglio sottovalutare i pericoli, per carità. Ma in questa guerra dei nervi e delle sanzioni ci stiamo rimettendo soltanto noi europei e italiani. Mentre, gratta gratta, per Biden la posta in gioco è la rielezione alla Casa Bianca, e per la Gran Bretagna è accrescere la propria influenza ai confini con la Russia, per noi invece è la bolletta di gas e luce. Gli effetti, come molti italiani stanno verificando sulla propria pelle, rischiano di essere devastanti: a consumo invariato, mi è appena arrivato un conto cinque volte più salato.»

Riassumendo i fatti principali si può vedere che tutto il contendere è nel “Gas russo”, fonte energetica principale per la UE. Gli USA anche loro vogliono vendere e gestire, stanno spingendo per portare la NATO fino al confine della Russia, inglobando l’Ucraina, che non aspetta altro per lucrare sulla posizione. I Servizi USA hanno fatto di tutto in questi anni per riuscirci, comprese l’orchestrazione di sommosse popolari in piazza Maidan a Kiev e campagna stampa a tappeto. La Russia di Putin vede questa mossa come una provocazione intollerabile, non vuole avere i missili NATO sotto casa. Così è stato alimentato un conflitto locale, nel Donbass, come utile pretesto per tenere il fuoco acceso e bloccare il “gas” russo alzando in questo modo i prezzi alle stelle. I guadagni delle multinazionali dell’energia sono salvi, le tasche dei consumatori su svuoteranno presto.

Rimane da capire questa espansione della NATO fino al confine russo, a cosa possa servire.

Italia oggi ha anticipato che pubblicherà dei documenti che danno ragione a Putin sull’impegno Nato di non espandersi a Est dopo la caduta del Muro di Berlino (1989), quando i leader dei maggiori paesi della Nato avevano promesso a Mosca che l’Alleanza atlantica non sarebbe avanzata verso Est “neppure di un centimetro”. Una promessa smentita dai fatti. Da qui le contromosse di Putin: la guerra in Georgia, l’occupazione della Crimea, l’appoggio ai separatisti del Donbass, lo schieramento di oltre centomila soldati al confine con l’Ucraina, infine la dura linea diplomatica con cui ha ribattuto alle minacce di sanzioni da parte di Usa ed Ue (Mosca è stata imbrogliata e palesemente ingannata?).


Aggiornamento Martedì 22.02.2022

Lo scoop di Der Spiegel sull’impegno Nato di non espandersi a Est si basa su un verbale desecretato, che dà ragione a Putin – ItaliaOggi.it

” ….Tra i documenti citati, spicca per importanza quello scovato nei British National Archives di Londra dal politolo americano Joshua Shifrinson, che ha collaborato all’inchiesta del settimanale tedesco e se ne dichiara «onorato» in un tweet. Si tratta di un verbale desecretato nel 2017, in cui si dà conto in modo dettagliato dei colloqui avvenuti tra il 1990 e il 1991 tra i direttori politici dei ministeri degli Esteri di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania sull’unificazione delle due Germanie, dopo il crollo di quella dell’Est. Il colloquio decisivo, riporta Der Spiegel, si è svolto il 6 marzo 1991 ed era centrato sui temi della sicurezza nell’Europa centrale e orientale, oltre che sui rapporti con la Russia, guidata allora da Michail Gorbaciov. Di fronte alla richiesta di alcuni paesi dell’Est Europa di entrare nella Nato, Polonia in testa, i rappresentanti dei quattro paesi occidentali (Usa, Gran Bretagna, Francia e Germania Ovest), impegnati con Russia e Germania Est nei colloqui del gruppo «4+2», concordarono nel definire «inaccettabili» tali richieste. Il diplomatico tedesco occidentale Juergen Hrobog, stando alla minuta della riunione, disse: «Abbiamo chiarito durante il negoziato 2+4 che non intendiamo fare avanzare l’Alleanza atlantica oltre l’Oder. Pertanto, non possiamo concedere alla Polonia o ad altre nazioni dell’Europa centrale e orientale di aderirvi». Tale posizione, precisò, era stata concordata con il cancelliere tedesco Helmuth Khol e con il ministro degli Esteri, Hans-Dietrich Genscher. Nella stessa riunione, rivela Der Spiegel, il rappresentante degli Stati Uniti, Raymond Seitz, dichiarò: «Abbiamo promesso ufficialmente all’Unione sovietica nei colloqui 2+4, così come in altri contatti bilaterali tra Washington e Mosca, che non intendiamo sfruttare sul piano strategico il ritiro delle truppe sovietiche dall’Europa centro-orientale e che la Nato non dovrà espandersi al di là dei confini della nuova Germania né formalmente né informalmente».”

 


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