Il Covid-19 si è abbattuto anche sulla Scuola italiana: colta di sorpresa, ha cercato localmente di far fronte alla chiusura delle scuole con lodevoli iniziative di insegnamento a distanza. La ripresa settembrina dell’attività scolastica avrebbe dovuto essere la conseguenza di una risposta governativa adeguata, per sopperire ai danni di un anno scolastico forzatamente interrotto. Tempo ce n’era stato, per predisporre l’avvio del nuovo anno, compito e funzione cardine degli uffici apicali dell’amministrazione scolastica, che messa “alla frusta” dalla iattura pandemica, fosse questa volta produttiva di buoni esiti. Di fatto il Ministero non solo ha fallito l’“incipit”, ma con la sostituzione dei vecchi banchi con i nuovi “banchi a rotelle”, è naufragato tra il ridicolo e il disappunto dell’opinione pubblica. In TV la rimozione dalle scuole di migliaia di banchi monoposto in buone condizioni, per far posto ai nuovi, ha francamente rattristato. La luce dell’intelletto non illuminava quelle scene, considerando che ogni intervento che riguarda la scuola dovrebbe avere come fonte e meta, proprio la luce dell’intelletto. Siamo quasi a metà ottobre ed è ancora in corso la nomina dei supplenti temporanei dei supplenti annuali delle cattedre scoperte. Abbiamo sentito la Ministra in Parlamento imporre un concorso per assumere in ruolo migliaia di insegnanti necessari a coprire i vuoti d’organico. Le nuove nomine in ruolo, qualora avvenissero con sollecitudine, potrebbero stabilizzare in corso d’anno sul posto insegnanti precari ivi presenti continuativamente da oltre tre anni, ma non si può escludere un avvicendamento tra nuovi immessi in ruolo e supplenti che dovranno cedere il posto. Avvicendamenti di questo tipo, a lezioni già avviate, hanno già fatto i loro danni nel passato. E’ il risultato in cui s’incespica quando si agisce tra il ritardo e la fretta. Per la mia esperienza di dirigente scolastico, mi limito a rilevare che restare in sella a viale Trastevere è una prestazione da rodeo. E la ministra Azzolina ci prova. Mi torna in mente la Conferenza Nazionale della Scuola del 1990. Forse sarebbe il caso di riconvocarla affinché per questa “nave senza nocchiero” si possa rideterminate il “punto nave”, ricalcolarne la rotta, e, “last but not least”, trovare un nocchiero all’altezza del compito. Ritornando alla questione dei concorsi nazionali per il reclutamento dei docenti, Sabino Cassese ne tratta sul Corriere della Sera – 2 ottobre, titolo “La scuola e i concorsi da fare” – in riferimento al concorso riservato recentemente bandito dalla ministra Azzolina per 34.000 posti a fronte di 64.000 candidati. La ministra, relativamente giovane, ha un’esperienza breve in fatto di concorsi e di funzionamento generale della scuola. Può viceversa sorprendere che Cassese, uomo di dottrina e di lunga esperienza, pur difendendo com’è giusto, il principio costituzionale della celebrazione dei concorsi, non accenni alla necessità di rivederne il meccanismo sulla base degli effetti collaterali, talvolta controproducenti, che i “concorsoni” hanno generato. Fatti salvi i principi costituzionali inderogabili, il sistema concorsuale necessita di riadeguamenti. A fronte delle carenze d’organico in atto, alcune forze politiche avevano infatti suggerito di mettere a punto meccanismi più semplici di selezione dei supplenti che hanno già coperto i posti tuttora vacanti. Cosa possibile con una legge ordinaria, come previsto dall’art. 97 della Costituzione, che recita : “Agli impieghi delle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti per legge.” E appunto questo sarebbe stato il caso, per risolvere con una legge l’ennesima emergenza organizzativa, dovuta ai continui rinvii dei concorsi ordinari.
Nel contempo la ricorrente copertura delle cattedre con personale docente non preventivamente selezionato, e nemmeno monitorato nelle sue prestazioni professionali, ha portato localmente a cali significativi della qualità del servizio scolastico, dagli anni 90 in poi fino ad ora. Il concorso costituisce il ripristino della correttezza delle procedure a patto che ne si prepari adeguatamente il terreno e ne venga ricalibrata la funzionalità, anche rispetto ai territori, altrimenti rischia di passare da “valore costituzionale” a reperto mitologico se non lo si ri-adegua alle esigenze del servizio scolastico laddove si manifestano. Il nord industriale, ad alto tasso di occupazione rispetto al sud, di fatto incanala la richiesta d’impiego dei giovani verso settori economici privati e toglie alla scuola “forze” locali pur idonee all’insegnamento, per studi fatti e titoli conseguiti. Ma nel nord chi comunque aspira ad insegnare nella propria regione deve confrontarsi con la consistente presenza nelle graduatorie di aspiranti docenti provenienti soprattutto dal sud che al nord conseguono l’immissione in ruolo, per poi ritornare nei luoghi d’origine. Questo ininterrotto traffico nord-sud sui posti-cattedra crea problemi di continuità e funzionalità nelle scuole. Prevalgono politiche che privilegiano esigenze occupazionali, con metodologie atte a garantire il posto fisso, con scarsa attenzione verso una razionale organizzazione del servizio scolastico italiano e la buona preparazione dei nostri studenti.
Vittorio Zedda
Si segnala dai giornali di ieri:
La Stampa: Scuola, assunzioni ferme e 65 mila cattedre vuote: scatta la corsa ai supplenti. Graduatorie in alto mare, concorso unico
Libero: “Pazzesco e assurdo”. Il folle “concorsone” dell’Azzolina
Quifinanza.it: Concorso scuola, sindacati contro la Azzolina
Un esempio è il concorsone per i docenti precari tanto voluto dalla ministra Azzolina e fissato per il 22 ottobre. Dopo le critiche del Pd (a cui si aggiungono quelle dell’opposizione) arriva il no dei sindacati della scuola. Il Ministro dell’Istruzione è intenzionato a procedere con i concorsi banditi nei mesi scorsi, mentre i precari scenderanno in piazza il 14 ottobre per protestare, convinti del fatto che non si possano tenere le prove in piena emergenza sanitaria.