Nelle ultime settimane molti siti economici affermano il declino e la morte del dollaro. Si dice che è in corso la de-dollarizzazione dell’economia mondiale e che il futuro del dollaro USA sia in pericolo. Si nota che il gruppo di nazioni allineate economicamente come BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica con la possibile Arabia Saudita) stiano studiando un’alternativa monetaria, forse ne seguirà che il dollaro cesserà di essere una valuta di riserva. Il dollaro acquisì il suo attuale ruolo mondiale nel 1944, quando 44 Paesi firmarono l’Accordo di Bretton Woods, creando un regime di cambio internazionale collettivo ancorato al dollaro statunitense, a sua volta agganciato al prezzo dell’oro. Alla fine degli anni ’60, le esportazioni europee e giapponesi divennero più competitive rispetto a quelle statunitensi. L’ampia disponibilità di dollari nel mondo rendeva difficile il loro rimborso con l’oro. Inoltre la guerra nel Vietnam fece esplodere il deficit e quindi il debito pubblico degli USA. Nel 1971 il presidente Nixon cessò la convertibilità diretta dei dollari americani in oro. Ciò pose fine sia al ‘gold standard‘ sia al limite della quantità di valuta che poteva essere stampata. Sebbene sia rimasta come la valuta di riserva internazionale, da allora il dollaro americano ha fluttuato nei cambi, perdendo o riguadagnando potere d’acquisto, seguendo i cicli economici e monetari. Tutti si aspettavano un declino continuo del dollaro, mentre spesso, come dal 1972 al ’76, e poi nel 1985, si rivalutò verso le altre valute (nel 1985 il Dollaro a 2.000 Lire; contro le 625 ante 1971). Gli economisti, teorici universitari, dovevano spiegare perché il dollaro non fosse crollato, ed allora dissero che il dollaro era sostenuto dal petrolio piuttosto che dall’oro, ricordando l’accordo di Kissinger con l’Arabia Saudita. Ovviamente era una scusa, per nascondere le previsioni sbagliate. Improvvisamente il dollaro divenne, di fatto, un “petrodollaro“. Avevano bisogno di un motivo per spiegare come mai in precedenza non avevano capito nulla. Quindi tutti dicevano che era successo perché il petrolio dell’OPEC era quotato e acquistato in dollari! Ma, nel mondo, tutto aveva un prezzo in dollari perché, con il tasso di cambio fisso di Bretton Woods, tutto, dal grano e dal mais al rame e l’oro, era tutto quotato in dollari. Naturalmente, come si vide poi, il prezzo del petrolio, salì è scese in Dollari , in funzione dei cicli economici e delle tensioni politico strategiche. Davvero una nuova valuta adottata dai BRICS sarà una grande minaccia per il dollaro o la stessa storia dell’euro nel 1997?
Pochi ricordano che il dollaro USA, nell’economia globale, è sempre stato supportato dalle dimensioni e dalla forza dell’economia americana e dalla grande base dei consumatori statunitensi. La sua stabilità e apertura ai flussi di commercio e di capitale senza restrizioni non è mai venuta meno. Nel 2001l’euro doveva detronizzare il dollaro. Gli Europei dicevano che la nuova UE sarebbe stata un’economia più grande degli Stati Uniti. Il problema dei Paesi Europei era che non esisteva una forte economia dei consumatori, come negli USA. Tutti i Paesi Eurozona hanno un’elevata tassazione dei redditi, molto superiore a quella negli USA e l’imposta sui consumi – IVA – più del doppio della Sales Tax americana. Gli Europei hanno regolarmente castrato la loro valuta – l’Euro – per costringere le persone a pagare le tasse. È sempre la stessa storia, le tasse elevate distruggono l’economia. In compenso il Debito Pubblico USA pro capite è di 97.000 $, inclusi i neonati. Quello Italiano è meno della metà e quello degli altri Paesi è inferiore. Come la mettiamo? Anche il Financial Times disse recentemente un’ovvietà: “Ma se sei una Banca Centrale ricca di riserve in altre valute, ti sentiresti davvero più a tuo agio, con diciamo, il ¥ renminbi cinese? Anche se fosse convertibile e liquido, ti sentiresti più sicuro con il dollaro, magari è ancora come la vecchia giacca di cachemire nell’armadio, ma sempre buona“.
Ecco perché da tutto il mondo, inclusi i cinesi, si acquistano proprietà negli USA perché tutti sono sicuri nella loro proprietà, cosa che non può sempre essere garantita in altri Paesi. Ne segue che la forza e la liquidità dei mercati finanziari statunitensi rimangono senza pari. Gli Stati Uniti rappresentano una grande offerta di attività sicure in dollari. Economicamente parlando, quando gli Stati Uniti soffrono di raffreddore, il resto del mondo soffre di polmonite. Al momento non c’è altra alternativa. La forza del dollaro non è oro o petrolio, è il consumatore americano. Oggi il rischio mondiale è l’inflazione dovuta al Governo di Biden che versa un flusso non quantificato di denaro (35-100 miliardi di $), senza corrispettivo, nel buco nero noto come Ucraina. I Neocon, che controllano la politica USA, starebbero pensando di lanciare una guerra della NATO contro la Russia e la Cina prima del 2024. Questo continua ad accelerare l’inflazione e riduce il potere di spesa del consumatore americano, di conseguenza la crescita economica degli Stati Uniti diminuirà in termini reali e con essa, il resto del mondo sprofonderà nella recessione. La NATO è controllata dagli USA e i politici Neocon americani hanno bisogno di guerra o perderanno il potere. Devono fermare, a tutti i costi, un nuovo Presidente repubblicano, come Trump o De Santis, perché potrebbe chiudere la guerra in Ucraina (cacciando i politici Neocon). Se davvero scoppiasse la guerra, il flusso internazionale dei capitali sarà ancora verso il dollaro. Non saranno capitali pubblici ma privati. Gli Stati Uniti stanno ancora sostenendo l’intera economia mondiale. I BRICS hanno bisogno del consumatore statunitense per far funzionare le loro economie. Tutto questo discorso sul crollo imminente del dollaro è esagerato. Quel giorno sicuramente arriverà, ma quando il consumatore statunitense non acquisterà più.
Fabrizio Gonni
Laurea in Ingegneria, MBA Economia Aziendale. Componente ISPG Istituto Studi Politici Giorgio Galli
mail: gonni@istitutostudipolitici.it