I cittadini USA hanno un alto tenore di vita grazie in gran parte all’uso disordinato di fonti di energia da carbone. Sono, pro capite, fra i massimi produttori di gas serra, 15,52 t di emissioni CO2 all’anno,1 contro le 7,38 t CO2 dei cinesi2. George W. Bush si era rifiutato di aderire al Protocollo di Kyoto perché questo avrebbe “danneggiato l’economia americana e causato sofferenza ai nostri lavoratori”. È tema ricorrente della politica americana. “Il governo non deve imporre alle centrali di produzione elettrica l’obbligo di ridurre le emissioni di diossido di carbonio. Non è nell’interesse dell’America”. La recente sentenza decisa il 30 giugno 2022 con voto 6–3,3 West Virginia v. Environmental Protection Agency, 597 U.S. ___ (2022) affrontò la questione dei limiti di autorità regolatoria della Environmental Protection Agency (EPA) rispetto alle emissioni di diossido di carbonio e loro impatto sui cambiamenti climatici. Il tema principale era che, non essendo le emissioni CO2 specificamente enumerate come agente inquinante nella legge di protezione dell’atmosfera (Clean Air Act, CAA), non rientravano nella competenza della EPA, e che il proposto Clean Power Plan (CPP) del 2015, che aveva imposto di introdurre tecnologie di riduzione delle emissioni nocive e cambiamento del mix di generazione con enfasi su fonti di energia alternative pulite, erano “questioni essenziali” (major questions),4 e che la relativa autorità non era stata trasferita all’ente regolatorio.5 Il Congresso, disse la Corte, ha solo autorizzato la EPA a identificare il miglior sistema di riduzione delle emissioni (best system of emission reduction, BSER). In particolare, i giudici dovevano decidere se la ristrutturazione del mix di generazione elettrica, con riduzione, entro il 2030, da 38% di impiego di carbone a 27%, fosse legittimo. “Esitiamo a sostenerlo”, disse il Presidente del tribunale John Roberts. “Porre un limite alle emissioni di diossido di carbonio può essere una buona idea, ma non è plausibile che il Congresso abbia conferito all’EPA l’autorità di farlo, e di forzare a livello nazionale una transizione per la generazione elettrica via dal carbone verso altre fonti. Una decisione di questa portata appartiene al Congresso o a un’Agenzia appositamente delegata”. Non è plausibile? Il massimo tribunale deve comprendere e rendere palese l’intenzione del legislatore, non può permettersi di congetturare. La Suprema Corte tagliò corto: avocò a sé la decisione di stabilire quando una attività regolatoria è eccessiva, e impedì all’Agenzia autorizzata e competente di mettere in atto la migliore strategia di riduzione delle emissioni. Statuì che EPA non aveva “esperienza comparativa nel bilanciare le numerose considerazioni vitali di politica nazionale nel campo della regolamentazione delle fonti di energia”. Roberts concluse: “L’EPA non ha autorità di limitare o vietare le emissioni di diossido di carbonio originate da centrali di carbone”. Applicando il principio della questione essenziale concluse che “sia EPA sia qualsiasi altra Agenzia non sono autorizzate ad adottare regole che possano trasformare l’economia (emettere transformational rules) senza specifica autorità del Congresso”.6 E non permise che il Clean Air Act funzionasse come autorizzato. La Corte non avvertì l’imbarazzo posto dal suo stesso precedente Massachusetts v. EPA deciso nel 2007 con voto 5–4 con il quale aveva statuito che EPA aveva un obbligo di regolamentare i gas serra. Roberts mise in chiaro che, avendo il Presidente USA fatto sapere pubblicamente che era intenzionato a difendere vigorosamente il programma delineato dal CPP, la Corte doveva decidere (ultra petita) anche su questo aspetto.7
La giudice di minoranza Elena Kagan replicò, in fiero dissenso, che la Corte stava stabilendo nuove regole in contraddizione con un secolo di normativa regolatoria. Secondo la giudice, quando il Congresso emanò il Clean Air Act, aveva chiaramente contemplato e previsto che l’EPA avrebbe dovuto risolvere nuovi problemi e aveva tracciato le linee di come farlo. “Il Collegio di maggioranza non ha la minima idea su come affrontare i cambiamenti climatici . . . tuttavia pretende di nominare se stesso, invece che il Congresso o l’Agenzia esperta . . . a organo decisionale sulle politiche del clima. Non riesco a immaginare una cosa più allarmante”.8 In sostanza, la Suprema Corte ha alzato una barriera contro ulteriori tentativi governativi di gestire e includere, attraverso regolamentazione EPA, fonti di energia pulita nella sfera di competenza del CAA. La sentenza ha l’effetto di bloccare gli sforzi del governo americano in difesa del clima e ambiente, e spiega forza dissuasiva rispetto ai piani del Presidente di esercitare maggiore controllo sulle emissioni nocive.9 Nonostante gli sforzi dei giudici politici di deviare l’attenzione, sarà la forza del mercato, saranno i consumatori, a imporre una produzione rispettosa dell’ambiente. La grande industria lo sta già facendo, e continuerà a farlo.110
È la perenne lotta sulla ri-distribuzione dei poteri. La Suprema Corte ha invaso il territorio del potere esecutivo e legislativo, ha fatto una nuova legge. Il Guardian espresse la vox populi: “Impadronendosi del controllo sul potere regolatorio, la Corte ha creato il precedente per neutralizzare ogni decisione democratica”. Il giornalista George Monbiot disse: “[Questa sentenza] è scaturita da un programma concertato per sostituire negli Stati Uniti la dittatura giudiziale alla democrazia”.
Nicola Walter Palmieri
Dal sito web www.EPA.gov:
1 Come Arabia Saudita con 15,94 t, superati da Canada 18,58 t e Australia 17,10 t (dati Worldometer).
2 Poco peggio dell’Italia 6,7 t, meglio della media UE 8.3 t, dell’Iran 8,9 t, e della Germania 9,44 t.
3 Quando un collegio di nove giudici decide consistentemente su identiche domande di diritto, i sei di nomina repubblicana in un modo, i tre di nomina democratica in senso opposto, non si ha più a che fare con giudici indipendenti ma ci si trova di fronte a esponenti di partito che trattano problemi giuridici come questioni politiche. Si verificò recentemente in tre cause decise dalla United States Supreme Court (Suprema Corte) a fine giugno 2022. Con la prima essa stravolse il testo del Secondo Emendamento per favorire l’industria delle armi, con la seconda rovesciò la decisione che aveva legittimato l’aborto negli Stati Uniti, con la terza, qui commentata, interdisse al governo americano di partecipare allo sforzo coordinato globale di contenere il deterioramento delle condizioni climatiche sulla Terra e contribuire a contrastare la crisi esistenziale dell’inquinamento. Il tribunale supremo cerca di contribuire alla distruzione della vita sulla Terra. Non è problema solo americano. In Italia, la Corte Cost. ha travisato il dettato dell’art. 32, Cost., ultimo comma (sentenze 5/2018, 268/2017).
4 La proposta era stata attaccata da numerosi Stati dell’Unione e dall’industria del carbone ed era stata abbandonata.
5 Articolo 7411(d) CAA, articolo 111 della proposta.
6 Considerando i costi associati (Michigan v. EPA, Suprema Corte 2015) e che avrebbe potuta essere citata in giudizio in caso di inadempimento.
7 Il giudice Gorsuch contribuì, in parere di appoggio alla maggioranza, la sua dose di latinorum. La questione essenziale deve “proteggere dall’intrusione non intenzionale, obliqua o altrimenti improbabile” (the major questions doctrine seeks to protect against “unintentional, oblique, or otherwise unlikely” intrusions. . . . . [agencies shall] not ‘exploit some gap, ambiguity, or doubtful expression in Congress’s statutes). In gioco sono, secondo Gorsuch, “basic questions about self-government, equality, fair notice, federalism and the separation of powers”.
8 “The Court appoints itself—instead of Congress or the expert agency—the decisionmaker on climate policy. I cannot think of many things more frightening”.
9 EPA continua a mantenere l’abilità di introdurre nuove tecnologie per ridurre emissioni di gas serra, e convertire a gas le vecchie centrali a carbone.
10 Nel 2007 la UE emanò Registration, Evaluation, and Authorization of all Chemical Substances (REACH), un esercizio burocratico inteso a creare, violando Trattati e accordi, un colossale archivio delle sostanze chimiche vendute in Europa. La UE non comprese che l’industria chimica europea era all’avanguardia negli sforzi per migliorare la sicurezza dei suoi prodotti, posizionata su una gestione responsabile, con volontaria assunzione degli obblighi verso i consumatori, la collettività, le autorità e gli esponenti politici. Risultato del REACH fu l’indebolimento competitivo dell’industria chimica europea sui mercati mondiali..