La politica di Washington per decenni si è basata sul ‘general consensus’ che ha caratterizzato tutti quelli che di volta in volta governavano gli USA; un accordo non scritto che stabiliva che il secolo di grandezza americano era stato e doveva essere costruito sul libero scambio illimitato, su blande e tolleranti leggi sull’immigrazione e principalmente su una politica estera aggressiva che istituiva gli Stati Uniti come gendarmi ed esecutori mondiali di quelle norme. Un ’consenso’ che è stato condiviso dai Clinton, dai Bush, da Dick Cheney, da McCain, dagli Obama e dai Biden. Poi, nel 2016 è arrivato Donald Trump e ha cercato di smantellare tutto.
Nel suo primo mandato presidenziale ha riscritto le regole della politica americana e ha esautorato ogni dinastia politica americana che ha occupato la scena negli ultimi trent’anni. I Bush sono stati i primi a cadere. Jeb Bush non è riuscito a vincere un singolo stato contro Trump nelle primarie repubblicane del 2016. Dopo di che è toccato ai Clinton, sono caduti di schianto con la pesante sconfitta di Hillary Clinton alle elezioni presidenziali del 2016. Nel 2020 e in questi ultimi 4 anni, Trump venne a sua volta esautorato, quando il presidente Biden, un sostituto e protetto degli Obama, ha invertito la rotta degli USA. Trump non ha mollato, nonostante varie incriminazioni ad hoc e dopo un dibattito con Biden, alla CNN, ha indotto i Democratici a premere per il ritiro politico di Biden, dopo di che hanno dovuto cercare un volto più fresco, senza fare le Primarie. Biden, risentito con Obama e Nancy Pelosi che (si dice) lo avessero forzato al ritiro, ha insistito nel proporre la sua vicepresidente Kamala Harris. Nel frattempo, Trump ha costretto i Cheney, rappresentati da Dick, ex vicepresidente di Bush Jr, decisore e fautore della guerra in Iraq, ad abbandonare il Partito Repubblicano. Liz Cheney, la figlia di Dick, ha sempre proclamato che la retorica di Trump era una minaccia per la democrazia.
Invece Tucker Carlson, l’anchorman che aveva abbandonato FOX per creare il suo canale TV ha dichiarato al Washington Times “Ha appena fatto saltare in aria le dinastie più inutili e corrotte nella storia della politica americana” e “Ciò che ha fatto in realtà è stato di spezzare l’incantesimo ipnotico che avevano lanciato sul Paese“. La corsa di Trump in questi nove anni ha certamente infranto il ‘consensus’ vigente dal dopoguerra. Michael McKenna, ex assistente legislativo alla Casa Bianca con Trump, ha scritto che il percorso di distruzione di Trump va oltre le dinastie e include i media tradizionali. “Non ne è rimasto nulla“, ha rilevato dopo le elezioni. “Ha distrutto il loro potere sugli Stati Uniti. Non hanno più autorità. Nessuno li legge, nessuno li ascolta”. Trump capovolgerà anche il Congresso, smuovendone l’inerzia istituzionale, con i partiti a favore o contro l’uomo alla Casa Bianca. Gli avversari di Trump speravano di cacciarlo dalla scena politica e ricostruire il vecchio ‘consensus’. L’ex deputata Liz Cheney (nella foto), un tempo la terza repubblicana più potente alla Camera, ha fatto attivamente campagna con la Harris. Il padre di Liz, l’ex vicepresidente Dick Cheney, ha annunciato il suo voto per la Harris. Alberto Gonzales, procuratore generale nell’amministrazione di George W. Bush, ha sostenuto la Harris e ha suggerito che il suo ex capo voleva che Trump perdesse. I Clinton hanno fatto campagna per la Harris e gli Obama sono stati implacabili nell’attaccare Trump. L’ostilità verso Trump parte da lontano: Tucker Carson ricorda che Trump affrontò Jeb Bush nelle primarie repubblicane del 2016 e dichiarando che la guerra in Iraq “potrebbe essere stata la decisione peggiore nella storia presidenziale”. Ciò sbalordì l’establishment, ma per gran parte del paese fu il momento di capire che l’imperatore è ‘nudo’. “Ha solo posto domande ovvie“, ha detto Carlson. “La gente non aveva ancora ragionato criticamente”. È sorprendente vedere che le cose che Trump ha detto che non erano estremiste in alcun modo, anzi, ovvie e moderate.
Gli USA hanno dei confini o no? La guerra in Iraq ha aiutato gli USA in un qualche modo?
Trump ha raccolto consenso anche tra molti politici non appartenenti alle dinastie. “Quello che tutti pensano di lui come individuo o delle sue politiche, concordano che è una figura politica avvincente“, ha affermato H.W. Brands, storico presidenziale. “Le persone che salgono in cima grazie ai successi di genitori e parenti di solito non sono i candidati o i titolari di cariche più forti o competenti”. Bush Jr. era più debole di suo padre. Hillary era molto più debole di Bill. Liz Cheney è poca cosa senza il padre. Michael McKenna crede che le domande critiche poste da Trump non spariranno presto. “Trump non è stato il primo a porle, ma ha scelto un momento perfetto. È stato il primo a porle quando tutti erano pronti ad ascoltarle“, hanno scritto in una rubrica per il Times. Questo è quello che ha determinato il suo successo politico. Il disastro dei “media tradizionali” è che tutto il mondo ha capito che le notizie sui sondaggi martellanti che riportavano la parità fra i due contendenti alla Presidenza, o anche un leggero vantaggio della Harris erano manipolati e che i sondaggisti[1] temevano le reazioni dell’establishment. Questo oggi crea un crollo di fiducia degli Americani nei media. Si è capito che gli elettori votano in base all’economia e al ‘sentiment’, i critici dicono che “votano di pancia”. Invece è un addio alle ideologie sociali e politiche astratte.
Fabrizio Gonni
Laurea in Ingegneria, MBA Economia Aziendale. Componente ISPG Istituto Studi Politici Giorgio Galli, mail: gonni@istitutostudipolitici.it
[1] Di contro, chi ha previsto matematicamente la vittoria di Trump nel voto popolare, con percentuale al 67% contro il 33% della Harris è stato il sistema di Intelligenza Artificiale della Armstrong Economics; ha impostato 6 scenari diversi e ha calcolato i risultati. Quattro risultati su sei erano riportavano il voto a favore di Trump e solo 2 a favore della Harris. Inoltre, nelle elezioni del 2020, erano riportati 3 scenari a favore di Trump e 3 a favore di Biden. Come si dice: “Too close to call“. Infatti, nel 2020, in un sostanziale scenario di parità, il particolare sistema elettorale americano, aveva favorito Biden. Ma perché un Istituto di analisi economiche fa girare un sistema di Intelligenza Artificiale sulle previsioni politiche?
articolo interessante ed esaustivo sulle dinamiche delle ultime elezioni americane secondo me replicabile anche nei vari paesi occidentali dove le varie lobbies tra cui anche j sondaggisti cercano di manipolare opinione pubblica affinché nulla cambi
Bell’articolo chiaro ed esaustivo di Fabrizio Gonni