I fatti del 7 ottobre scorso a Gaza e Israele sono al di fuori di una situazione di guerra “guerreggiata”. L’eccidio, una vera e propria strage[1], si connota solo come terrorismo, che è peggio della guerra, la quale comunque è normata e definita da accordi e convenzioni internazionali, mentre il terrorismo è al di fuori di qualsiasi regola e di umanità. Il terrorismo, anche se ‘politico’, appartiene solo alla categoria del crimine, nella sua forma peggiore. E, sempre nella sua forma peggiore, è la ‘reificazione’, la materializzazione più drammaticamente concreta, l’esito estremo dell’odio più turpe e definitivo. Odio assoluto, come male assoluto. Orbene una Commissione[2] Parlamentare sull’intolleranza, la xenofobia, il razzismo e i fenomeni di odio è stata istituita in Italia, con il compito di condurre attività di studio e ricerca su tali temi, presieduta[3] dalla senatrice Segre e probabilmente nessuna più di lei merita quel ruolo.
Nella distribuzione dei compiti, ad un gruppo di lavoro è stato affidato l’obiettivo di realizzare una “Alleanza contro l’odio”, vale a dire una rete di parlamentari, cittadini e associazioni che si impegnino a contrastare questo fenomeno con un inventario di “Parole per ferire”. Nella parte successiva tratta la situazione italiana, le cause, le forme del linguaggio e azioni d’odio nelle loro varie manifestazioni, come sessismo, omofobia e transfobia, razzismo, xenofobia, antigitanismo, antisemitismo, islamofobia, ostilità contro le persone con disabilità, bullismo. In questo contesto sono esaminati i fenomeni di stereotipizzazione e discriminazione connessi ad un linguaggio d’odio. Infine, il rapporto finale espone le raccomandazioni formulate dalla Commissione per la prevenzione e il contrasto del linguaggio d’odio a livello sociale, culturale, informativo e istituzionale[4]. Occorrerebbe approfondire la conoscenza completa dei materiali prodotti, perché le notizie reperite suscitano curiosità, talvolta perplessità, interrogativi di vario segno. Colpisce che le desinenze in “fobia” (omofobia, xenofobia, ecc.) facciano riferimento ad un significato entrato nell’uso comune, ma comunque improprio, se non errato: fobia[5] significa paura, non odio. E per quanto l’una e l’altro possano reciprocamente condizionarsi o connettersi, restano due cose diverse. In un discorso che tende, in tema di “odio”, a prefigurare sviluppi giuridici nelle leggi dello Stato, non demarcare meglio la differenza fra odio e paura appare una imprecisione del tutto inopportuna[6]. La paura può essere ispiratrice di prudenza, un sentimento salvifico.
Le parole possono generare fatti e pertanto occorre mettere al primo posto il linguaggio, con le imprecisioni eccepite. Il terrorismo e le stragi connesse agiscono come detonatori posizionati appositamente nei punti geopolitici più sensibili del mondo medio-orientale e occidentale, per cui non dovremmo trascurare che vi sono parole radicate nelle ideologie o nelle religioni che sono alla base di azioni violente: si tratta di veri e propri precetti che impongono al ‘fedele’ atti e comportamenti che fanno inorridire. Tanti fatti non sembrano generati da terminologie del nostro tempo, sconsigliate o sconsigliabili, ma sono espressioni dirette, concrete e drammatiche d’odio, che generano emulazione per altro odio, morte, per attivare prevedibili risposte di altro odio, quindi ancora vendetta. Apparentemente un labirinto di sofferenze senza via d’uscita se non vengono fermate queste “parole” e chi le diffonde.
Vittorio Zedda
dirigente presso Ministero Pubblica Istruzione e Merito a riposo
[1] I ricordi di tanti fatti di terrorismo si riaffacciano inevitabilmente alla memoria. Ne cito solo alcuni. Nel 2004 a Beslan, in Ossezia, furono trucidati, fra le centinaia di vittime civili, 186 bambini di una scuola, ad opera di un commando di 30 uomini, separatisti ceceni. In Francia, a Tolosa, nel 2012 furono uccisi da terroristi in una scuola ebraica 4 bambini ed un professore. Due esempi, fra altri possibili, accomunati dalla tenera età di gran parte delle vittime e dalla matrice islamica degli uccisori. Recente l’eccidio perpetrato da Hamas il 7 ottobre 2023 a danno di civili israeliani, con inaudita ferocia persino contro bambini e addirittura neonati. Penso ai tanti bambini israeliani rapiti e ora ostaggi di Hamas a Gaza, pregando e augurandomi che, fra le loro vite in sospeso, il numero di quelle già troncate, che per angoscia non preciso, non si accresca. Così come mi auguro che cessino le morti di civili palestinesi.
[2] La Commissione, istituita il 10 maggio 2016, ha acquisito 187 documenti di varia natura e provenienza (studi, ricerche, pubblicazioni monografiche, raccolte di dati, position papers o prese di posizione) prodotti o segnalati da componenti della Commissione stessa, da soggetti auditi nonché dagli Uffici della Camera dei deputati e “da terzi” per cui pare possibile inviare contributi anche dall’esterno. Il 6 luglio 2017 la Commissione ha approvato una relazione finale che si articola in cinque parti. La prima, nel capitolo I, contiene le definizioni di discorso e crimini d’odio formulate a livello sovranazionale e l’azione del Consiglio d’Europa in materia e le migliori prassi adottate nei principali Paesi europei.
[3] Della Commissione ha fatto parte anche il compianto professor Tullio De Mauro al cui contributo ai lavori è riferito “un inventario delle parole per ferire”, confluito nella relazione finale.
[4] Il testo integrale della relazione, una infografica che ne riassume i contenuti e il dossier degli uffici della Camera sono reperibili in internet. Il dossier contiene una ricostruzione analitica della normativa e delle politiche nazionali, dell’Unione europea e del Consiglio d’Europa realizzate nei settori oggetto della relazione (ho desunto, e riassunto, le notizie sulla citata Commissione, da rubriche reperibili in rete).
[5] fobìa s. f. [uso sostantivato del suffisso prec.]. – In psichiatria, disturbo psichico consistente in una paura angosciosa destata da una determinata situazione, dalla vista di un oggetto o da una semplice rappresentazione mentale che, pur essendo riconosciuta come irragionevole non può essere dominata e obbliga a un comportamento, inteso, di solito, a evitare o a mascherare la situazione paventata; prende nomi diversi a seconda del suo contenuto: agorafobia, claustrofobia, ereutofobia, ecc. Nell’uso comune, la parola indica genericamente e iperbolicamente una forma di avversione istintiva o di forte intolleranza per qualche cosa: ho la f. dei viaggi in treno; anche scherz.: ho una vera f. per la matematica; ha un’assurda fobia di mangiare cibi non cotti.
(tratto dalla Enc. Treccani)
[6] Mi pare poi di rilevare che lo sviluppo del tema riguardi soprattutto il linguaggio le parole, dette o scritte, ed in particolare quelle efficacemente definite “parole per ferire” .