L’8 settembre 1943, al pari del 24 ottobre del 1917 (attacco austro–tedesco a Caporetto), è una data infausta, nell’immaginario collettivo entrambe appaiono come simboli della debacle dello Stato (n.d.r. si rileva la contemporanea presenza, in entrambi i disastri, in ruoli chiave, dello stesso personaggio: Pietro Badoglio). Già il fatto che, poco dopo le 18 di quel giorno, il generale americano Dwight Eisenhower anticipasse da Radio Algeri i contenuti di quello che eufemisticamente è stato chiamato armistizio[1], ma nella realtà una resa incondizionata firmata a Cassibile ben cinque giorni prima, seguito dopo oltre un’ora dal proclama del Capo del Governo italiano Pietro Badoglio ai microfoni dell’EIAR[2]. Si determinarono nuovi scenari con l’Operazione Achse[3] che trasformò il paese in un teatro di guerra, e le truppe italiane dentro, ma soprattutto fuori dai confini nazionali, furono lasciate allo sbando, contestualmente ci fu l’occupazione temporanea dell’Istria da parte di Tito con i primi infoibamenti di italiani. L’analisi storica di quegli avvenimenti è severa[4].
L’idea di far restare a Roma il Re, mandando la famiglia reale e parte del Governo al Sud, un’ipotesi considerata da Badoglio, comportava un aspetto importante, l’organizzazione della difesa di Roma, ma c’erano delle incognite, in primis i tempi, ovvero, gli alleati avrebbero potuto supportare per tempo ed efficacemente l’operazione per garantire la tenuta italiana? Il Re comunque scelse altro. L’opzione, se attuata, avrebbe sicuramente connotato eroicamente i protagonisti, rispetto a quello che invece fecero, ma è certo che Roma sarebbe diventata un campo di battaglia ancor più tragico di quello che fu. Risultati militari avversi avrebbero inoltre comportato la decapitazione dei vertici dello stato perché probabilmente catturati dai tedeschi; quindi, l’Italia sarebbe rimasta senza un governo, seppur così disastrato come poteva esserlo in quei momenti. Il quadro bellico per l’esercito italiano era drammatico, com’era sparso su teatri di guerra esterni, con quello che ne conseguì (ad esempio l’eccidio di Cefalonia). In previsione della resa, se pianificato per tempo, avrebbe avuto senso far rientrare sul suolo nazionale parte dei nostri militari[5].
Il giudizio che si può dare sull’intera vicenda, considerando comunque la drammaticità del momento e gli esigui spazi di manovra italiani, è che non fu gestita adeguatamente rispetto alle reali necessità, basti pensare che non tutti i membri del Governo poterono seguire il Re: chi si rifugiò nell’ambasciata spagnola, chi presso la Santa Sede, il che conferma la scarsa, se non assente, pianificazione. L’8 settembre è quindi uno spartiacque storico, perché da quel momento l’Italia non sarà più una potenza (regionale) autonoma nel Mediterraneo.
Gli accordi di Yalta, in parte ancora vigenti per i Paesi Occidentali, ci attribuirono un ruolo subalterno, sotto l’occhio britannico sempre attento, fatto che a volte tutt’ora traspare…
Mauro Tonino
Saggista, scrittore
[1] Si rimanda all’intervista di A.Mola: Otto settembre ’43: quello che è veramente accaduto – CIVICA on line
[2] La dice lunga sulle modalità con le quali è stata complessivamente gestita la vicenda. Gli incontri, più o meno segreti, in territorio assai lontano e senza precise direttive, l’impossibilità di una trattiva vera e di comunicazioni efficaci, i pasticci conseguenti, ovviamente determinarono i tempi e i modi su come si svilupparono gli eventi.
[3] L’operazione, pianificata da Hitler e dal comando tedesco fin dal maggio 1943 in previsione di un possibile crollo del Fascismo e di una defezione italiana, si concluse con il pieno successo della Wehrmacht. BiblioToscana – Operazione Achse
Su quanto fossero attenti gli Inglesi, nel seguire le vicende politiche e militari italiane, in particolare quella di Mussolini dopo il 25 luglio, si rimanda alla ricostruzione operata da Fasanella e Cereghino su documenti desegretati inglesi pubblicata da Civica: Chi sono i criminali di guerra? – CIVICA on line
[4] La “fuga” del Re a Brindisi e la mancanza di direttive precise all’esercito, sono ritenute ancora oggi colpe gravi ma, in quel contesto così convulso e drammatico si poteva fare altro? Ogni scelta, sia quella fatta, che altre possibili, avevano pro e contro.
[5] Per poi effettuare un’attività resistenziale, così da poter contrastare la prevedibile operazione Achse (pianificata invece per tempo dai tedeschi…), anche se questo avrebbe comportato un’inevitabile e più feroce reazione germanica.