Michael Gorbaciov non fu un buon statista. Aveva in mano le carte del futuro dell’Europa, ma non le usò nell’interesse della Russia. Sprecò la mano. Non condizionò la dissoluzione del Patto di Varsavia al contestuale scioglimento della NATO (non più necessaria), non impose ai Grandi dell’Occidente – Baker, Bush, Genscher, Kohl, Gates, Mitterrand, Thatcher, Hurd, Woerner – di aderire a un Trattato che avesse proibito l’avanzata ad Est della NATO, come promesso. Tutti sanno che simili promesse vanno formalizzate con Trattato internazionale. Gorbaciov era uomo leale, aspettava lealtà di ritorno. Venne ingannato.
La NATO avanzò verso Est, in Ucraina, pericolosamente vicina alla Russia, gli USA inviarono loro politici per favorire il rovesciamento del governo presieduto da Viktor Janukovych e sostituirlo con un presidente favorevole alla candidatura dell’Ucraina nella NATO. Si tentarono accordi che non risolsero alcunché per mettere fine ai bombardamenti ucraini sulle regioni del Donbass. La Russia, accerchiata da basi militari NATO, si difese attaccando l’Ucraina, mossa vietata dallo Statuto a meno che l’attacco in prevenzione non fosse giustificato dal “diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite” (articolo 51 ONU). In mancanza di vero e proprio attacco armato si intende per tale la possibile anche se remota minaccia, come fu il caso quando America e Turchia attaccarono l’Iraq (2003) e la Siria (2019). Due secoli prima, Immanuel Kant aveva scritto: “Oltre alla violazione di fatto, è rilevante la minaccia”, della quale fa parte il primo allestimento armato al quale si contrappone il diritto di prevenzione; o anche solo il terrificante aumento di potenza (potentia tremenda) di un altro Stato. Concetto base è la legittima difesa, “a necessity of self-defence instant, overwhelming, leaving no choice on means and no moment for deliberation”, secondo la definizione di Daniel Webster.
Una seria, indipendente indagine se, in diritto internazionale, l’attacco russo fosse giustificato sotto questo aspetto non è stata compiuta.
La Svizzera* è Paese noto per antica tradizione di inviolabilità e perpetua neutralità riconosciuta dai tempi della Pace di Westfalia e del Congresso di Vienna (Trattato di Parigi, 1815). Gli obblighi più importanti della neutralità sono di non partecipazione alla guerra, di provvedere alla propria difesa, di riservare uguale trattamento ai belligeranti (esportazione di materiale bellico), di rinunciare a fornire mercenari e di mettere il territorio a disposizione dei belligeranti (Convenzione dell’Aja1907). Conforme alla sua tradizione, la Svizzera** dà alla neutralità un orientamento umanitario e pacifico, e si organizza tenendo conto dei bisogni della solidarietà internazionale, mettendola al servizio del mantenimento della pace e della prosperità. Un’operazione militare decisa dal Consiglio di sicurezza non rientra nell’ambito di un conflitto internazionale ai sensi del diritto della neutralità in quanto il Consiglio di sicurezza agisce su mandato della comunità internazionale per ristabilire la pace e la sicurezza internazionali. Il diritto della neutralità non impedisce agli Stati neutri di sostenere questo tipo di operazioni. Nel caso della guerra Russo-Ucraina nessuna operazione militare è stata ordinata o iniziata dal Consiglio di sicurezza.
Il Presidente svizzero Berset ha recentemente espresso il parere che fornire armi a uno dei belligeranti – l’Ucraina – violi il precetto di neutralità della Svizzera. L’impostazione è corretta. Ciononostante, essa ha scatenato critiche, più di carattere emotivo che di seria analisi storico-giuridica. L’Ambasciatrice ucraina a Berna, il 28 febbraio 2023, ha affermato*** che “Berna autorizzi l’invio di armi”. Si tratta di un segnale simbolico, dice l’Ambasciatrice (anche se l’Ucraina apprezza l’aiuto finanziario e umanitario che la Svizzera sta erogando a loro). Anche quello del Presidente Berset, che riflette la volontà del Parlamento elvetico, è segnale simbolico: non permettere interferenza nel proprio esercizio della neutralità, in ultima analisi della sovranità svizzera.
Nicola Walter Palmieri
* La neutralità non figura tra gli obiettivi della Confederazione ma la Costituzione federale prevede che il Consiglio federale e l’Assemblea federale debbano vigilare sul mantenimento della neutralità.
** La Svizzera non è stata sempre strettamente coerente nell’affermare la neutralità. Venne messa a dura prova durante la Seconda guerra mondiale a causa dell’attitudine svizzera favorevole alla Germania nazista, l’invio di squadre sanitarie al fronte russo per curare soldati tedeschi, l’autorizzazione all’attraversamento del suo territorio da treni militari tedeschi, l’attitudine di servile ostilità verso gli ebrei. Dopo un precedente tentativo fallito, nel 2002, con stretta maggioranza, la Svizzera si fece Membro dell’ONU (che per Statuto deve essere neutrale). Come conseguenza, la neutralità svizzera venne indebolita da accordi di collaborazione militare che non si conciliano con il concetto di neutralità, come per esempio l’accordo del 23 settembre 2008 fra i Segretari Generali dell’ONU Ban Ki-Moon e della NATO Jaap de Hoop Scheffer inteso a “semplificare la cooperazione in situazioni critiche come quelle in Afghanistan o in Kosovo” e a continuamente allargare questa cooperazione; o l’accordo del 3 maggio 2006 fra Svizzera e NATO sulla partecipazione svizzera in Afghanistan.
*** La nuova ambasciatrice Ucraina: “Berna autorizzi l’invio di armi”. “Permettete ad altri Paesi di aiutarci, anche con le armi. Lasciateci vincere”, ha detto Iryna Venediktova alla televisione pubblica RSI. A questo fine, la diplomatica ucraina ha in programma incontri con parlamentari per allentare le norme restrittive sulla riesportazione delle armi fabbricate nella Confederazione.Negli scorsi mesi Germania (due volte), Spagna e Danimarca hanno chiesto al Governo federale di autorizzare la consegna di materiale bellico detenuto nei propri arsenali a Kiev, ricevendo però sempre dei rifiuti, motivati dal principio di neutralità adottato dalla Confederazione.
“Quella militare non è la via giusta per la Svizzera, non è conforme alla nostra tradizione”, ha precisato in proposito il ministro degli Esteri Ignazio Cassis. “Siamo un Paese costruttore di ponti”, ha continuato il capo della diplomazia elvetica secondo cui sarebbe irrilevante a livello quantitativo, nel senso che non sposterebbe certo gli equilibri sul campo militare.Tuttavia, sarebbe problematica a livello di diritto della neutralità. La tematica è comunque in agenda la settimana prossima alle Camere federali, dove potrebbero esserci delle sorprese. In questo quadro si inserisce l’iniziativa annunciata dall’ambasciatrice ucraina.
La nuova ambasciatrice Ucraina: “Berna autorizzi l’invio di armi” – TVS tvsvizzera.it
10 marzo 2023: La Svizzera ribadisce la sua neutralità: “Non invieremo armi all’Ucraina”
La Svizzera ribadisce la sua neutralità: “Non invieremo armi all’Ucraina” (agenzianova.com)