Un dramma per troppo tempo ignorato
Brandelli di carne mummificati e scheletri. Metri cubi su metri cubi di ossa con qualche misero straccio, residuo di un abbigliamento. Erano i giorni del dopoguerra in cui le cavità carsiche rivelavano il loro raccapricciante contenuto. Ci sono molti modi per uccidere, ma quello di gettare esseri umani vivi nelle foibe è tra i più sadici che la Storia ci abbia tramandato. Nel settembre-ottobre del 1943 e dopo la fine della guerra, nel 1945, in territorio italiano e sloveno, uomini, donne, ragazzi, venivano legati con il fil di ferro ai polsi e poi fra loro, in fila indiana. Una raffica di mitra al primo sull’orlo della voragine e gli altri ne sarebbero stati trascinati, inghiottiti dal ventre della terra, per morire subito dopo un volo di decine di metri o rimanere agonizzanti su un tappeto di cadaveri. Quanti furono? C’è chi dice dieci, forse quindicimila.
L’unica colpa? Essere italiani, a volte anche solo essere avversari politici dei titini, come è successo a molti sloveni. Nessun riguardo verso quegli italiani figli di una cultura prima romana e poi veneta che portò in Istria e Dalmazia lavoro, urbanistica, leggi e benessere. Ma che il comunismo titino avversava per odio di classe prima ancora che per una rivendicazione territoriale.
Altri duecentocinquanta resti, fra cui quelli di cento donne e cinque ragazzini, sono stati trovati in Slovenia, nella zona di Kocevski Rog (1), nell’agosto del 2020. E chissà quanti altri rimarranno consegnati all’oblìo. Nelle foibe finì, dopo essere stata stuprata come molte altre donne da bestie senza scrupolo né anima, la giovane Norma Cossetto. Furono anni di terrore, con i rastrellamenti dei “partisan” casa per casa, fucilando, infoibando o, come accadde all’industriale Luxardo, portato al largo del porto di Zara per essere gettato a mare con una pietra al collo.
Scandalizza il fatto che alcuni degli infoibatori abbiano percepito fino alla morte la pensione pagata dalla Repubblica Italiana e che, nonostante la dimostrata verità di tali efferatezze, ci sia ancora chi ha la spudoratezza di negarle. La tragedia dei connazionali di Istria, Dalmazia e Fiume, perpetrata dalla ferocia del comunismo di Tito e rimasta un tabù per oltre mezzo secolo, finalmente emerge ogni 10 Febbraio con la “Giornata del ricordo”.
Dopo gli eccidi, ci fu l’esodo dei trecentocinquantamila che abbandonarono casa, poderi, affetti, per buttare poche masserizie su un carretto e fuggire verso quella Patria che non avrebbe dovuto tradirli. Magari ammassati sul traghetto “Toscana” e poi insultati alla stazione ferroviaria di Bologna, dove i comunisti nostrani negarono loro un minimo di vivande e gettarono a terra il latte destinato ai bimbi. La sofferenza degli esuli proseguì in quella Italia nella quale speravano di essere compresi e ben accolti.
Relegati nei campi profughi, furono spesso evitati, guardati con diffidenza e i loro figli discriminati a scuola. Ancor oggi, figli e nipoti si chiedono il perché.
Daniele Carozzi
(1) I resti di oltre 3.200 persone, trucidate dopo la fine della seconda guerra mondiale, sono state riportate alla luce da una foiba nella località di Kocevski Rog, in Slovenia. Ne hanno dato notizia fonti governative di Lubiana, al termine di una campagna di scavi che è durata da giugno alla fine di ottobre. Si tratterebbe della più grande fossa comune scoperta fino a oggi: le vittime del massacro sarebbero in gran parte slavi, uccisi dai partigiani comunisti di Tito. Le fonti storiche collocano il massacro di Kocevski Rog a partire dal giugno del 1945. Con la vittoria delle formazioni partigiane di Tito, gli oppositori anticomunisti di nazionalità slovena e croata avevano tentato di riparare in Austria ed erano stati riuniti in un campo nei pressi di Klagenfurt. Gli inglesi ne avevano però deciso il rimpatrio. Di nuovo in Jugoslavia, i prigionieri, in stragrande maggioranza civili, erano stati detenuti per alcuni giorni in alcuni campi e successivamente fucilati in quanto ritenuti collaborazionisti di nazisti e fascisti o comunque oppositori del regime titino. Come luogo del massacro era stata appunto scelta la foiba di Kocevski Rog. (tratto da Corriere.it)
Slovenia: 3.200 scheletri trovati in una fossa comune nascosta. Le vittime sono state eliminate nelle uccisioni sommarie post-WII
31 ottobre 2022
(ANSA) – BELGRADO, 31 OTT – Circa 3.200 scheletri di vittime delle uccisioni sommarie del secondo dopoguerra sono state scavate da una voragine sotto Macesnova Gorica nelle foreste di Kocevski Rog, in quello che sembra essere il più grande sito in cui gli sloveni sono stati uccisi poco dopo la seconda guerra mondiale. Dopo anni di ricerca e preparazione, gli scavi a Macesnova Gorica sono iniziati a maggio e si è conclusa a ottobre. Secondo la ricerca, le vittime erano per lo più sloveni, ha detto lo storico Mitja Ferenc, membro commissione. (ANSA).