Il presunto affaire svelato da La Repubblica: Cia e Mattei

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Repubblica-Cia-Mattei, contrordine compagni! Non è vero che i giornali hanno diritto di vita o di morte sulle notizie.

Mattei, il fascismo e le anomalie di una storia che va raccontata

Nei giorni scorsi sono stato letteralmente sommerso dai messaggi di lettori che mi chiedono un giudizio sulle rivelazioni di Repubblica a proposito di alcuni documenti Cia su Enrico Mattei trovati fra le 13 mila pagine del filone “John Kennedy”, appena declassificate. Non so se il presidente dell’Eni avesse un passato fascista. Ma se fosse vero, la sua biografia sarebbe compatibile con quella dei tanti personaggi -un’intera generazione- transitati dal vecchio al nuovo regime sotto l’occhio vigile dei Servizi alleati. Come racconto in diversi libri scritti con Mario Cereghino furono migliaia gli industriali, i militari, gli uomini degli apparati, i diplomatici, i giornalisti, gli intellettuali, i politici del Ventennio a cui, tra il 1943 e il 1945, venne certificata in vario modo una verginità antifascista. Non erano tutti fascisti. E non erano tutti criminali. Molti di loro erano uomini di valore la cui professionalità nei rispettivi campi era ritenuta utile in vista delle nuove sfide del dopoguerra. Forse non tutti lo sanno, ma Francesco Cossiga rivelò che il presidente dell’Eni fu anche, con Aldo Moro e Paolo Emilio Taviani, uno dei fondatori dell’anticomunismo di Stato e della rete Gladio. Le rivelazioni americane, se confermate, non dovrebbero dunque sorprendere né scandalizzare. Perché evidenzierebbero, se ce ne fosse ancora il bisogno, le anomalie di una storia tutta nostra. Che va raccontata, non esorcizzata. I documenti della Cia «riscrivono il caso Mattei», come titola ingenuamente La Repubblica? Non credo proprio. Anzi, confermano l’ostracismo di una parte del mondo anglosassone nei confronti della politica energetica italiana del secondo dopoguerra. Ostracismo che fu all’origine dei progetti illegali contro l’esponente più illustre di quella classe dirigente del nostro Paese che non voleva rassegnarsi al destino degli sconfitti.

Come leggere i Documenti Cia su Mattei trovati nei Faldoni “JOHN Kennedy”

Sulle rivelazioni di La Repubblica (ndr del 17-18 dicembre) ancora qualche osservazione. Molti hanno reagito di pancia. Comprensibile. Ma bisogna ragionare con più freddezza su quei documenti. E contestualizzarli, per capire che cosa ci dicono. Non sono privi di interesse, infatti: ci parlano. Sono carte scritte da alti funzionari Cia a Roma tra la metà degli anni Cinquanta e i primi Sessanta. Ed erano nei files su John Kennedy.

Dunque:

1-La prima domanda: che cos’era la Cia in quel periodo? Era il Servizio modellato da Allen Dulles e dal suo braccio destro James Jesus Angleton: la filiera anglofila dentro l’intelligence americana. Angleton, addestrato alla scuola di Cambridge, era il referente della rete dell’intelligence Usa in Italia, da lui organizzata nell’immediato dopoguerra.

2-La seconda domanda: qual era il giudizio di quegli ambienti sulla politica energetica italiana? Pessimo. Mattei aveva aggirato le sanzioni anglo-britanniche contro la Persia, che aveva espropriato le compagnie petrolifere inglesi. Il leader laico Mossadeq fu deposto con un colpo di stato attuato dalla Cia ma progettato da Winston Churchill, per il quale gli Usa non erano altro che il braccio armato della politica imperiale del Regno Unito. La sentenza del premier britannico contro Mattei fu terribile: «Bisogna far capire a questi italiani quanto ci disturbano certe loro azioni». Dopo la crisi iraniana, nel 1956 scoppiò quella di Suez, provocata dalla decisione del leader laico Nasser di nazionalizzare il Canale. Inglesi e francesi intervennero militarmente, ma l’Italia si dissociò. E gli Usa, che in un primo momento erano rimasti a guardare, intimarono agli anglo-francesi di ritirarsi dall’Egitto. Il giudizio inglese su Mattei si inasprì: «E’ un pericolo mortale per gli interessi britannici nel mondo». Ma cambiarono molte cose anche nei rapporti tra Cia e amministrazioni Usa, e tra Usa e Londra. La Casa Bianca cominciò a guardare con sospetto alla filiera Dulles-Angleton. E i presidenti Usa capirono che la missione dell’America non era quella di esaudire tutti i desideri di Londra. Nel nuovo contesto, l’Italia divenne l’alleato più affidabile degli Usa nell’area mediterranea.

3-La terza domanda: perché le carte Mattei erano nei files su Kennedy? Questo è il punto più interessante. Dopo la vittoria elettorale del leader democratico, Allen Dulles fu costretto a lasciare la direzione della Cia, nel 1961. Un anno dopo, l’influenza di Mattei nel Mediterraneo e nel Terzo Mondo era cresciuta a tal punto da indurre il governo britannico a emettere nei suoi confronti una sentenza definitiva: «E’ una verruca, un’escrescenza da rimuovere. Abbiamo tentato di fermarlo in tutti i modi, ma non ci siamo riusciti: forse è arrivato il momento di passare la pratica alla nostra intelligence». Sentenza datata 1962. L’anno in cui Mattei morì. E l’incidente di Bascapé avvenne pochi giorni prima che il presidente dell’Eni si recasse in visita ufficiale alla Casa Bianca per ricevere da John Kennedy il riconoscimento a cui aveva tanto aspirato: il diritto dell’Eni e dell’Italia di sedersi con pari dignità al tavolo degli alleati atlantici. I documenti di Kew Gardens ci hanno già detto quanto forte fosse l’irritazione britannica. Quelli Usa ci dicono ora che la posizione di Londra era condivisa da una parte della Cia. Ci sarebbe una quarta domanda, a questo punto:

che cosa accadde nella Cia dopo l’assassinio di Kennedy?

Giovanni Fasanella

P.s.: Per chi vuole approfondire, suggerisco i tre libri scritti con Mario José Cereghino e pubblicati da Chiarelettere: Il Golpe inglese, Colonia Italia, Le menti del Doppio Stato. Oltre al convegno: Enrico Mattei e la necessita’ di un punto di equilibrio. Se non l’avete ancora ascoltata, fatelo. E’ la registrazione di RadioRadicale della presentazione (27 ottobre scorso a Roma) del libro “Mattei e l’intelligence”, a cura di Mario Caligiuri. Sono gli atti di un convegno organizzato dall’Università della Calabria, pubblicati da Rubettino. A confronto, diversi punti di vista e diverse professionalità: giornalisti, ricercatori, magistrati, analisti di geopolitica e uomini d’intelligence. Tanti tasselli che contribuiscono a ricostruire il “puzzle Mattei”: il quadro d’insieme al momento più avanzato di una delle vicende più emblematiche del secondo dopoguerra italiano, oggetto ancora oggi di studi. Perché è una storia che evoca un’esigenza vitale per il futuro del nostro Paese: l’individuazione di un punto attorno a cui ricostruire un’identità e una nozione dell’interesse nazionali.

RADIORADICALE.IT: Presentazione del libro a cura di Mario Caligiuri “Enrico Mattei e l’intelligence. Petrolio e interesse nazionale nella guerra fredda” (Rubbettino)

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