Dopo dieci anni è uscito* il nuovo Rapporto sulla Scuola Media della Fondazione Agnelli, redatto a cura di Barbara Romano, con una radiografia quasi identica alla precedente. Il direttore della Fondazione Andrea Gavosto annota che “la situazione della Scuola Media non è migliorata, gli apprendimenti restano insoddisfacenti, i divari territoriali e le disuguaglianze sociali ancora più evidenti, i docenti non sono meglio formati né la didattica è stata rinnovata, rimanendo molto tradizionale”.
Non scandalizziamoci troppo se gli alunni non progrediscono come dovrebbero, se non sempre stanno bene a scuola, se i docenti appaiono frustrati e demotivati come dice il Rapporto sugli studenti e i docenti. La situazione dei primi resta critica, inferiore non soltanto a quella della maggior parte degli altri Stati, ma anche ai livelli che era lecito attendersi sulla base dei risultati della Scuola Primaria. A peggiorare il quadro intervengono le disuguaglianze sociali e i divari territoriali con forti penalizzazioni nelle regioni del Sud. Non si tratta però, secondo i Ricercatori, soltanto di una questione di apprendimenti non soddisfacenti, perché diversi discenti dichiarano apertamente di non stare bene nella Scuola Media, una percezione questa che tende a peggiorare nel triennio.
Il Rapporto formula anche delle proposte: valorizzare i docenti, attraverso corsi vari abilitanti, incentivi di carriera ed incrementi salariali, poi auspica il rimodellamento della didattica “come percorso di orientamento al futuro attraverso procedure di valorizzazione delle inclinazioni personali rispolverando la necessità di un’estensione del tempo scuola al pomeriggio, nel corso del quale organizzare attività sportive, artistiche ed espressive, musicali, laboratoriali.”
Agli estensori del Rapporto è sfuggito che dal 1962, riforma della Scuola Media Unica, al 2017, Decreti Attuativi della Riforma della Buona Scuola, il sistema scolastico italiano è stato oggetto di un imponente processo riformatore, che, seppur con alcuni difetti, ha cercato di rovesciare l’impostazione della scuola precedente, andando a privilegiare la metodologia e la didattica. Queste riforme però, non sono state accompagnate da adeguati investimenti che potessero comprendere immissioni in ruolo ad intervalli regolari, è prevalsa sempre la logica della “toppa” su ogni singolo problema, privilegiando metodologie fumose che non hanno fatto altro che svilire il valore di una formazione fondata sui contenuti. Dopo anni di precariato mal pagato e tornate concorsuali irregolari, l’immissione in ruolo in età avanzata è divenuta l’unica meta agognata da tutti i docenti e l’anno di prova l’unico test valutativo. Ci troviamo di fronte a professionisti sviliti nelle loro capacità culturali e anche formative, purtroppo spesso non sono nelle condizioni di fornire solidi punti di riferimento verso adolescenti disorientati da una società scarsa di valori positivi. Se aggiungiamo a questo anche il continuo aumento di alunni nelle classi, neppure risolto dai protocolli di sicurezza dovuti alla epidemia, possiamo dedurre che la scuola media è sotto stress.
Non occorre replicare i modelli a lungo sperimentati i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti: una didattica fragile e poco convincente appesantita da un sempre maggiore aspetto burocratico, con un corpo docente svilito e privo di identità.
Occorre invertire la rotta anche nella formazione dei docenti, coniugando metodo e contenuti, che possono, se aggiornati e ben proposti, far scattare la scintilla della motivazione.
Redazione scuola
Glauco Carlo Casarico
* Primo Rapporto sulla Scuola Media, edito da Laterza era del 2011