L’anno scolastico è iniziato con ben pochi problemi risolti. L’ultimo bollettino proveniente dal mondo della scuola rileva 35 classi in quarantena in Alto Adige, diverse decine a Milano e a Roma lasciando trasparire un problema teso ad ingigantirsi col rischio di portare interi istituti in DAD. Vale sempre la vecchia tecnica del rinvio e dello scaricabarile. Il ministro non se la sente, i dirigenti generali a Roma nemmeno, così la palla passa ai presidi, ora dirigenti scolastici, che sono diventati la prima linea organizzativa a cui sono demandate le “grane” e la soluzione, giorno per giorno, dei problemi. Quello con esperienza può cavarsela, gli ultimi arrivati con i recenti concorsi sono destinati ad essere dei sommersi se non riescono ad avere un consenso nel corpo docente. I nodi che vengono al pettine sono tanti, il più grosso, amplificato dall’emergenza Covid, è l’organizzazione del tempo scuola che mette in luce molti problemi organizzativi irrisolti. Sergio Bianchini, già preside scolastico, ha avanzato una proposta di buon senso, sulla base della sua lunga esperienza scolastica. La proposta, semplice nella sua formulazione, molto pragmatica, è la seguente: dimezzare il tempo scuola.
Emergenza Covid: dimezzare il tempo scuola?
Prof. Bianchini quali sono le soluzioni organizzative di buon senso per permettere la didattica in presenza?
Immaginiamo di dividere gli alunni di una classe in due gruppi di circa dieci alunni. Un gruppo potrebbe svolgere le 6 ore normali di lezione dalle 8 alle 11 riducendo ogni ora a soli 30 minuti. La classe sarebbe semivuota e tutti i problemi di distanziamento facilmente risolti. Il secondo gruppo potrebbe entrare a scuola alle 11 circa e rimanere fino alle 14 che è la normale ora di termine delle lezioni ordinarie oppure fare un percorso di tre ore pomeridiane stabilito secondo le preferenze di ogni istituto scolastico.
Questa soluzione risolverebbe anche il problema dell’intasamento dei trasporti?
Infatti, come dice un detto popolare: due piccioni con una sola fava. Non creerebbe problemi nemmeno sul piano sindacale perché l’orario di lavoro dei docenti non dovrebbe essere cambiato rimanendo intatto il numero di ore di lezione settimanali da coprire.
Sul piano didattico come è possibile bilanciare l’eccessiva riduzione del tempo di lezione?
Con un po’ di buona volontà ed altrettanto buonsenso potremmo sicuramente superarle perché sappiamo tutti che nella routine attuale delle lezioni scolastiche il tempo dedicato alle interrogazioni programmate, alle verifiche, alla soluzione delle controversie disciplinari, occupa più di metà del tempo scuola. Inoltre si è detto mille volte che l’attenzione davvero ottenibile sulle lezioni si aggira intorno ai 20 minuti. Diverso è il discorso sulle esercitazioni. Ridurre quindi la mezz’ora alla sola lezione espositiva ed alla successiva conversazione o esercitazione non sarebbe difficile potendo anche accorpare due ore formando quindi un’ora reale con due dimezzate.
Ma volendo anche valorizzare il lavoro di verifica si potrebbero collocare le interrogazioni programmate e le verifiche collettive in spazi pomeridiani appositamente dedicati col tempo docenza retribuito come lavoro eccedente. I soldi adesso non mancano di sicuro e sono abbondantemente spesi in cose inutili o comunque non risolutive.
Conosco le motivazioni profonde e forse indicibili che oggi tacitamente impediscono, ma speriamo si smetta, perfino di far affiorare nella mente l’idea di tempo scuola alunni e di lezioni ridotte.
Sono davvero così radicati i pregiudizi della maggior parte dei docenti circa la flessibilità che oggi appare necessaria?
Si, però, se il muro contro la riduzione fosse invalicabile si potrebbe comunque dividere le classi in due gruppi e a settimane alterne attuare la presenza in aula di ciascuna delle due parti lasciando l’altra a casa in didattica a distanza. In questo modo i danni della DAD sarebbero annullati, la socializzazione sarebbe comunque garantita ed anche la densità dei mezzi di trasporto protetta. In questo caso anche l’organizzazione ordinaria dei docenti sarebbe assolutamente identica al tempo ordinario. E’ così difficile comprendere queste idee di sviluppo organizzativo? Forse è proprio la loro stupefacente semplicità ed efficacia che impedisce, a coloro che sono convinti che l’emergenza richieda cervellotiche soluzioni, non solo di concepirle ma forse perfino di accettarle.
Chi è Sergio Bianchini
Nato nel ’47 a Gavardo (Brescia) ha frequentato prima il Politecnico di Milano e poi la Facoltà di Fisica laureatosi in fisica nucleare. Dal 1974 ha insegnato matematica. Preside dal 1984, fino alla quiescenza, ha fondato l’associazione “Per una scuola nostra regionale e federale” e ha tenuto per 8 anni una trasmissione settimanale su Radio Padania libera. Opera in piena autonomia e libertà da qualunque vincolo politico-ideologico per l’opera di miglioramento del sistema scolastico italiano.