Il semestre di presidenza tedesca della UE, che scadrà a dicembre, ha aggiunto nel vocabolario comunitario una nuova misteriosa parola: condizionalità. E’ stata inserita con delicatezza, se ne è appresa la notizia il 5 novembre da un comunicato del Parlamento UE1 che recita:” I Paesi dell’UE che non rispettano lo stato di diritto potrebbero perdere l’accesso ai fondi dell’UE, secondo un accordo provvisorio raggiunto giovedì tra Parlamento e Consiglio.” I negoziatori di questa novità specificano che “L’accordo di oggi è un passo importante verso la protezione dei valori dell’UE. Per la prima volta, abbiamo istituito un meccanismo che permette all’UE di fermare il finanziamento ai governi che non rispettano i nostri valori come lo stato di diritto” (Petri Sarvamaa, popolare, finlandese) ed anche che “I cittadini europei si aspettano da noi che l’erogazione dei fondi dell’UE sia subordinata al rispetto dello Stato di diritto. Questo è esattamente ciò che fa il meccanismo concordato oggi” (Rubial, socialista, spagnola).
Il linguaggio criptico degli esponenti politici europei nasconde ciò che fanno tutti i prestasoldi: chi presta comanda il debitore. Ora cosa potrebbe accadere? Per adesso, nulla, visto che è tutto in discussione. Il problema si porrà quando i fondi verranno erogati. Chi guida la Commissione europea vorrebbe intervenire, a suo giudizio o su segnalazione, a sanzionare eventuali violazioni sullo stato di diritto attivando il meccanismo di condizionalità contro un governo dell’UE. La Commissione per questo può avvalersi del diritto di convocare il Consiglio (dove ci sono i rappresentanti degli Stati) che entro un mese deve decidere le misure a maggioranza qualificata. Il meccanismo di sospensione dell’erogazione del prestito – recovery fund – deve prima essere approvato dal Parlamento e dai ministri dell’UE. L’Unione di appresta a realizzare un livello superiore di giudizio, una specie di tribunale politico sugli Stati membri, che assomiglia molto a un “capestro” istituzionale, si spera non contro chi dissente dalle linee guida franco-tedesche, suggellate dal patto tra socialisti e popolari europei.
Preoccupazioni non condivise dal giurista Nicola Walter Palmieri, a cui si è chiesto un parere, che ritiene ragionevoli tali condizionalità (parere2 in nota). Anzi “Le persone perbene che si identificano con i valori dell’Unione non possono avere obiezioni, anzi salutano questo Regolamento come passo avanti nella lotta al malaffare a livello istituzionale. Gli Stati Membri insofferenti dei principi fondamentali comunitari hanno la scelta di lasciare l’Unione.”
Vero, però un debitore, pesantemente indebitato con la UE tramite il Recovey Fund, non può essere considerato libero, ma vincolato al contratto di erogazione e restituzione dei fondi.
Di diverso avviso un altro attento osservatore della situazione internazionale, Vittorio Zedda, scrittore, già preside, che si chiede “Sulla base di quale potestà giuridica la UE si arroga la facoltà di bloccare i fondi destinati a sopperire alla crisi generata dalla pandemia nei confronti di alcuni stati membri, accampando rilievi sul rispetto dello ” stato di diritto”? Può la UE colpire gli interessi di cittadini dell’Unione sulla base di un suo giudizio unilaterale su una questione che ogni stato ha a suo tempo definito sulla base di sistemi giuridici legittimamente differenti ed autonomi ? E quale competenza ha in materia l’Unione, che è un guazzabuglio giuridico indefinibile, perché non è uno stato, né un super-stato, né una federazione, nè una confederazione, ma è appunto un “unione”, termine non giuridico che non ha in sé alcun significato statuale e nemmeno un “tratto giuridico originario” che la definisca come fonte di diritto originario superiore e nemmeno paritario a quello degli stati sovrani ? Un’Unione che non ha nemmeno una Costituzione, perché solo una “forma-stato” può darsela e il trattato di Lisbona è solo un trattato privo di una conclusione operativa e non è tecnicamente una costituzione, che non può derivare da un trattato extra-nazionale ma da un potere statuale interno sovrano autonomo che democraticamente si doti di una carta Costituzione propria. E come è possibile che la UE si arroghi la facoltà di giudicare quale stato corrisponda ad uno “stato di diritto”, dal momento che non è affatto pacifico a livello di dottrine giuridiche internazionali quali siano le caratteristiche che un’organizzazione statale deve possedere per essere considerata uno Stato di diritto e quali rapporti intercorrano tra questo e altri modelli di Stato, in particolare lo stato liberale, quello democratico e quello costituzionale? Le basi fondamentalmente extra-giuridiche della UE non potranno che portare progressivamente l’Unione o a rifondarsi su basi giuridiche e politiche inequivocabili, in accordo con gli spazi di sovranità costitutivi e costituzionali degli stati membri, oppure precipiterà in un caos autodistruttivo verso il quale è già avviata.”
1https://www.europarl.europa.eu/news/it/press-room/20201104IPR90813/rule-of-law-conditionality-meps-strike-a-deal-with-council
2 Il 5 novembre 2020, il Parlamento Europeo e il Consiglio si sono accordati su una intesa provvisoria per l’emanazione di un Regolamento che imponga un regime generale di condizionalità a protezione del budget finanziario dell’Unione. In base a questa proposta, i Paesi Membri che violassero i diritti fondamentali della società civile, rischierebbero di perdere l’accesso a fondi comunitari (European Union Recovery Instrument, altri prestiti e garanzie). Il Preambolo spiega: “L’Unione è basata sui valori del rispetto della dignità umana, libertà, democrazia, uguaglianza, la norma di diritto, il rispetto per i diritti umani, inclusi quelli di persone che appartengono a minoranze, valori comuni agli Stati Membri in una società nella quale prevalgono pluralismo, non discriminazione, tolleranza, giustizia, solidarietà, e uguaglianza di diritti fra uomini e donne” (articolo 2, Trattato). Il rule of law è descritto come l’esigenza che i pubblici poteri agiscano nell’ambito della legge in osservanza dei diritti fondamentali, sotto controllo di tribunali indipendenti e imparziali, nel rispetto del principio di legalità, trasparenza, responsabilità, processo democratico, certezza legale, proibizione di arbitrio da parte del potere esecutivo, separazione dei poteri, accesso alla giustizia ed effettiva protezione giudiziaria. Pre-condizione per l’adozione di provvedimenti di revoca o non-concessione di benefici finanziari è la determinazione, in base a procedure prestabilite, che vi sia violazione del rule of law, e che questa crea, o rischia di creare, impatto diretto sulla gestione del budget o sulla protezione degli interessi finanziari comunitari, anche rispetto alla prevenzione di frode generica, frode fiscale e corruzione. È prevista la salvaguardia di beneficiari individuali i quali non devono essere penalizzati per gli abusi dei loro governi. L’iniziativa viene applaudita come “pietra miliare per la protezione dei valori comunitari”. Il Regolamento diventerà vincolante per i 27 Stati Membri probabilmente agli inizi di gennaio 2021. Le persone perbene che si identificano con i valori dell’Unione non possono avere obiezioni, anzi salutano questo Regolamento come passo avanti nella lotta al malaffare a livello istituzionale. Gli Stati Membri insofferenti dei principi fondamentali comunitari hanno la scelta di lasciare l’Unione. Avv. Nicola Walter Palmieri, 22 novembre 2020